Le regole dei vescovi per la cremazione: conservate le ceneri

La Chiesa italiana sancisce la sua apertura alla cremazione dei defunti. Lo fa pubblicando nella nuova edizione del «Rito delle esequie», un’apposita Appendice con le preghiere «in caso di cremazione». L’annuncio è stato dato in una conferenza stampa della Commissione e dall’Ufficio Cei competenti per la liturgia, ribadendo comunque che la sepoltura resta la forma «più idonea a esprimere la fede nella resurrezione» e confermando il no allo spargimento delle ceneri e alla conservazione in luoghi diversi dal cimitero.
L’Appendice con testi e riti liturgici che accompagnano le varie fasi della cremazione è la novità più significativa di questa seconda edizione del Rituale e non ha un corrispondente nè nell’edizione originale latina del 1969, pubblicata dopo la riforma liturgica conciliare, nè nella prima edizione italiana del 1974. «La stessa denominazione di Appendice - ha detto monsignor Angelo Lameri, dell’Ufficio Liturgico della Cei - vuole richiamare il fatto che la Chiesa, anche se non si oppone alla cremazione dei corpi quando non viene fatta in “odium fidei”, continua a ritenere la sepoltura del copro dei defunti la forma più idonea a esprimere la fede nella risurrezione della carne, ad alimentare la pietà dei fedeli verso coloro che sono passati da questo mondo al Padre e a favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte di familiari e amici».


Particolarmente importante viene anche definita l’affermazione che «la cremazione si ritiene conclusa con deposizione dell’urna nel cimitero», da leggersi - ha spiegato Lameri - come negazione «della prassi di spargere le ceneri in natura o di conservarle in luoghi diversi dal cimitero» In Italia la cremazione è praticata in circa il 10% dei casi ma la pratica registra un costante aumento. In realtà del Nord Italia, dove sono presenti più strutture, si registrano anche percentuali superiori al 50per cento.

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