Reintegrati i tre medici indagati

Reintegrati. I tre medici indagati per omicidio colposo nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano di 31 anni deceduto il 22 ottobre nel reparto di medicina penitenziaria del Sandro Pertini, sono di nuovo al loro posto, tra i detenuti ricoverati nell’ospedale dei Monti Tiburtini. La revoca del trasferimento d’ufficio (decisa il 18 novembre scorso) è arrivata ieri su decisione del direttore generale dell’Asl Rmb, Flori Degrassi. Il provvedimento riguarda Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario, e i medici Stefania Cordi e Rosita Caponnetti. Alla base del loro reintegro - si legge nel provvedimento - ci sono le «risultanze dell’indagine interna effettuata dalla Uoc Risk Management aziendale». Nella relazione depositata ieri, l’audit rileva che «l’analisi non ha messo in luce, sul piano organizzativo e procedurale, alcun particolare elemento relativo ad azioni e/o omissioni da parte del personale sanitario con nesso diretto causa-effetto con l’evento avverso in questione. Contestualizza e configura pertanto l’oggetto dell’indagine sotto il profilo dell’evento non prevenibile». Un gergo burocratico che deresposabilizza, almeno sul piano amministrativo, i tre sanitari.
Una decisione che lascia sconcertata la famiglia del trenutenne arrestato per detenzione di droga e morto pochi giorni dopo secondo l’accusa a causa delle percosse di tre guardie giudiziarie e della trascuratezza dei tre medici nei giorni successivi. «È una decisione che non siamo in grado di comprendere. Le autopsie sono ancora in corso, i consulenti sono ancora al lavoro...», dice amareggiato l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi. «Ne prendiamo atto, ovviamente - prosegue Anselmo - e andiamo avanti con la nostra attività investigativa. D’altronde non ci aspettavamo niente di più dal Pertini, ne stiamo vedendo di tutti i colori».
Durissima la sinistra sulla vicenda. Il più cauto è il consigliere regionale Alessio D’Amato (Pd): «Rispetto l’esito dell’indagine interna compiuta dalla Asl Rm B, che sarà stata scrupolosa, ma ho serie perplessità. È abbastanza raro che lo svolgimento di un’audit interna con personale della medesima Asl possa avere un esito diverso da quello che c’è stato. Data la particolare gravità della vicenda sarebbe stata opportuna una terzietà nella valutazione». Va giù più pesante il senatore del Pd Francesco Ferrante: «Dopo che la cartella di Stefano Cucchi è stata resa nota all’opinione pubblica riesce veramente difficile non avere forti dubbi sul trattamento sanitario che è stato corrisposto al giovane, e la misura cautelare di allontanamento dei tre medici dal reparto non era certo una condanna anticipata o un provvedimento vessatorio, ma un atto dovuto che avrebbe permesso un più sereno proseguio delle indagini». Di «decisione affrettata e profondamente sbagliata» parla invece l’assessore regionale al Bilancio Luigi Nieri: «È veramente sorprendente - aggiunge- che la Asl concluda la propria inchiesta amministrativa prima di quella penale sostenendo, oltretutto, che la morte di Cucchi sarebbe stata improvvisa e inattesa».

A Nieri risponde il consigliere del Pdl Donato Robilotta: «I cittadini non sanno, ma Nieri sì, che l’assistenza sanitaria all'interno delle carceri è di competenza della Regione, non certo dello Stato; anche in virtù della legge che porta il suo nome: legge Nieri. Quindi l’assessore Nieri se la prenda con se stesso».

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