da Milano
Vuoi dire che appartenere alla razza tumultuante e variopinta dei sorcini, così vengono definiti i fan di Renato Zero, è garanzia deterna giovinezza? Ma sì. Renato appare sul palco di San Siro poco dopo le 21, e sono in gran parte giovanissimi, i sessantamila che laccolgono con trionfali esplosioni di giubilo: coetanei, e antropologicamente identici, ai molti che in modo non dissimile ne accoglievano i concerti dieci, venti, trentanni addietro, con eguale condivisione e lo stesso entusiasmo un po acritico. Anche se il trucco cè: la zerofollia, così lui stesso la definisce, è una malattia ereditaria, si trasmette dai padri ai figli e ai figli dei figli, e dunque i sessantamila, pur identici ai fan di una volta, ne sono in realtà i discendenti.
Comunque successo pieno, passionale, chiassoso per il cantautore romano e per il suo repertorio seducente e furbissimo, nel tempio milanese del rock e ora anche del pop. Perché, poi? Forse per il fasto duno show che non ha paura daffondare nel kitsch, quello più subdolo, il kitsch ipertecnologico. Che qui assume le sembianze dun palco modellato su un lettore di mp3 - .mpZerO tour è il titolo -, sommerso dagli effetti speciali, abitato da ventiquattro tra musicisti, coristi e ballerini, quanto di meglio per épater les bourgeois e suscitare facili osanna. O forse per la bella voce baritonale del protagonista? O per lempito emozionale della sua musica? Forse che sì. Ma anche per lastuzia volpina, con cui Renato sa miscelare le proprie contraddizioni, traendone un sapiente mélange di opposti. Emulsionando cioè disarmante candore e furbizia estrema, melodramma e autoironia, moralismo deamicisiano e (simulata) trasgressione, da maestrina della penna rossa che affida ai rutilanti travestimenti improbabili parvenze danticonformismo e spiazzanti, eterodosse, non sempre chiare simbologie.
Fatto è che, se la passione dei sorcini non guarisce con gli anni, è perché lui, pifferaio infallibile, sa come aizzarla. Anche grazie a una scaletta fatta per scatenare emozioni, viaggiando tra temi e atmosfere diversi: lamore, lamicizia, la solidarietà, il sesso, il sogno, il disagio epocale e la rivendicazione dantichi valori. Il tutto spaziando tra brani recenti e altri ormai classici, da Io uguale io alla sempre toccante Il cielo, passando per unemblematica Svegliatevi poeti, Siamo eroi, linevitabile Triangolo, Magari, eppoi Baratto, Sesso o Esse, Sosia, Daria e di musica, Profumi balocchi e maritozzi. Con momenti magari un po imbarazzanti, per troppa o troppo ovvia teatralità: come quando, in Lambulanza, il divo appare ingessato in barella, scortato da quattro infermieri in uniforme verde. Del resto già lincipit viaggia sui binari delleccesso: sigla dapertura a ritmo di funk, manca lannunciato testone gonfiabile con le fattezze, indovinate, di Renato, ma cè lo sgambettio di ballerini e finalmente eccolo in carne ed ossa, scendere da cinque gradoni al centro duna immane cornice luminosa, che sorregge quattro sipari scorrevoli e ha alle spalle un maxischermo centrale, due schermi laterali, miriadi di fonti di luce, mentre una pedana trafigge la folla per condurre la star nel cuore della platea.
Bel colpo docchio? Dipende dai gusti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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