Rendere i processi più rapidi e giusti? Si può, eppure...

Vivo in un Paese che gli antropologicamente superiori sostengono essere faro di civiltà avendo dato i natali a Cesare Beccaria. Detto questo, gli antropologicamente superiori gridano allo scandalo perché non sono d'accordo ad abolire la prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Secondo questi forcaioli, subita una prima condanna (quasi certa dato che giudici e pubblici ministeri hanno ruoli interscambiabili) l'imputato dovrebbe stare sotto schiaffo dei magistrati vita natural durante. L'unica cosa che sta andando in prescrizione è il diritto a un giusto processo, il diritto di chi è stato assolto a non essere più perseguito, dato che la magistratura ha avuto tutto il tempo di raccogliere prove prima che venisse accusato e, pertanto, se decide di processarlo con prove insufficienti lo lasci in pace e impari a fare il suo mestiere. La giustizia in questo Paese sta per essere prescritta?

Roberto Bellia

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Caro Roberto, lei sfonda una porta aperta. Per accelerare i processi e riportarli entro i recinti di una giustizia giusta ci sarebbero mille modi. Ovviamente una classe politica prona al potere della magistratura sta per scegliere l'unico che penalizza i cittadini e incentiva il quieto vivere dei giudici. Per esempio si potrebbe vietare cosa che avviene già in democrazie occidentali ai pm di fare ricorso in appello nel caso che l'imputato sia stato assolto in primo grado e non fosse quindi più possibile una successiva condanna «al di là di ogni ragionevole dubbio». Il rimborso da parte dello Stato delle spese legali sostenute da imputati poi assolti per non aver commesso il fatto sarebbe poi un bel disincentivo a rinvii a giudizio fatti solo per non deludere le aspettative e le ambizioni dei pm.

In sede civile, per esempio, basterebbe introdurre forti penali economiche per chi apre cause che si dimostrano intemerate o manifestamente infondate. Peccato che tutto questo resterà un libro dei sogni, nonostante l'Europa ci richiami, e multi, di continuo per la lunghezza disumana dei nostri processi. Chissà se un giorno diventeremo mai un Paese civile.

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