RomaEzio Mauro, il segretario (pardon, direttore) del principale partito (pardon, giornale) d’opposizione, in queste ore ha una gatta in più da pelare. Non basta l’emorragia di lettori che continua inesorabile, visto che i dati di vendita del quotidiano di largo Fochetti fanno segnare un inquietante meno 16 per cento (rapporto vendite 2008-2009). Oltre l’incedere zoppicante in edicola, Repubblica deve pure fronteggiare l’esito di una traballante linea editoriale.
A molti ultrà della corazzata debenedettiana, infatti, non sono passate inosservate le ultime mosse del quotidiano, di recente apparso un po’ più morbido nei confronti dell’odiato Berlusconi. Prima l’intervista di Claudio Tito al Cavaliere, tutta incentrata sulle prossime riforme in materia fiscale; poi la comparsata del direttore a «Che tempo che fa» di Fabio Fazio infarcita di «non c’è mai stata una guerra contro il premier ma solo giornalismo». Ma come? E le veline? E la D’Addario? E Noemi? E le dieci domande? E Spatuzza?
I più feroci antiberlusconiani hanno cominciato a esternare i propri mal di pancia sia sul web, sia con mail inviate direttamente a largo Fochetti, lamentando di aver riposto l’ascia preferendo la cerbottana per colpire il Caimano. Così, alcuni hanno fatto proprio il pensiero del giornalista del Foglio Christian Rocca che si è chiesto: «Perché Repubblica intervista Berlusconi senza fargli nessuna delle dieci domande con cui ci ha fracassato gli zebedei per mesi? Se ne sono dimenticati pure loro o è tutto un magna magna?». Il terrore che il clima d’odio si stia dissipando agita i più intransigenti: «La Madunina in testa deve averla presa anche Ezio Mauro», valuta sconsolato un secondo. Insomma, Repubblica è condannata a colpire sempre e comunque. Preferibilmente basso. Un terzo si spinge più in là: «Così ci viene da dubitare della vostra intelligenza o della vostra serietà». Tutti lettori che, di fatto, preferirebbero continuare a sentire attacchi da grancassa piuttosto che da flauto, avendo l’orecchio più affine all’urlato Fatto quotidiano di Travaglio & C. E dire che il direttore Mauro, da Fazio, proprio tenero tenero con il Pdl non lo era stato, visto che aveva dato del piduista al pidiellino Cicchitto reo, a suo dire, di aver «stilato in Aula una lista di proscrizione nei confronti di giornalisti, giornali e personaggi televisivi». Non è bastato, però. Meglio una Repubblica in versione Novella 2000 con dieci, cento, mille quesiti da riproporre fino alla nausea, appelli da firmare e campagne da cavalcare.
L’aria di conciliazione, vera o presunta che sia, risulta poco respirabile sia per i lettori che per alcuni pezzi grossi del quotidiano. Uno su tutti quel Giuseppe D’Avanzo, detentore del copyright delle domande-tormentone che per mesi hanno macchiato le pagine del giornale di De Benedetti. Pare che lo stesso D’Avanzo non sia per nulla persuaso che smorzare le ringhiate possa giovare a chicchessia. Così, tanto per ribadire il suo massimalismo nei contenuti e nei toni, ieri ha firmato un editoriale con la carta vetrata. Alcuni passaggi: «(Berlusconi) disprezza la sovranità della Costituzione; vuole soltanto costituzionalizzare se stesso, la sua anomalia, la concentrazione del suo potere, il suo conflitto di interessi; la riforma fiscale è una manovra fiscale di distrazione di massa».
Difficile capire se la miniatura del Duomo in faccia a Berlusconi abbia lasciato un segno permanente anche sul giornale di Mauro o se, ritornato in campo il premier dopo un mese di convalescenza, Repubblica tornerà a guerreggiare con le stesse armi di prima.
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