La «Repubblica» d’assalto? È finita assediata

RIBALTONE D’Avanzo e Mauro si trovano criticati anche da sinistra: «Dalle notizie sono passati a fabbricare teoremi»

La «Repubblica» d’assalto? È finita assediata

RomaChi di Noemi colpisce di Natalie perisce, si potrebbe dire andando sul facile. Oppure che stan facendo la fine dei pifferi di montagna, che andarono per suonare e furono suonati. In ogni caso la sostanza non cambia, le truppe del partito Repubblica stan risalendo «in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza». Fuor di metafora e di citazioni, il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e diretto da Ezio Mauro, mobilitato per l’assalto al cielo della politica, in guerra contro Berlusconi, contro D’Alema e i suoi candidati, contro tutti gli altri quotidiani, sta inanellando una sconfitta dopo l’altra. E da assediante, si ritrova ormai assediato.
Rivelatore dello stato confusionale in cui si ritrova Repubblica accerchiata dalle sue vittime, è il fondo del fondatore in prima pagina di ieri. Ha consumato un quarto della sua consueta articolessa illustrando la difficoltà e il disagio incontrati in questo frangente nel decidersi su quale argomento scrivere per i suoi lettori della domenica, Scalfari. Il caso Marrazzo? La tragica morte del giovane Stefano Cucchi? Lo spettro della disoccupazione? La possibilità che D’Alema vada agli Esteri dell’Ue e Tremonti all’Eurogruppo «oppure che entrambi restino dove sono»? Nooo, signora mia. Con un brivido alla schiena di chi lo leggeva, s’è fermato allo «stato miserevole della seconda Repubblica, avviata ormai verso un’agonia dalla quale difficilmente potrà salvarsi». Per fortuna Scalfari ha scartato pure questo tema. Ha ripiegato sul libro del cardinal Martini, dedicandosi ad una meditazione sulla morte.
E proprio ieri è partito il contrattacco di due quotidiani fatti bersaglio dei colpi di Repubblica. Mitragliate contro «il mondo tetro di Repubblica» da Libero, con altrettante foto di ben quattro articoli pubblicati il giorno prima a toccare il record del catastrofismo. «Disoccupazione record», «Ora il virus minaccia il calcio», «Napoli, vince la camorra», «Telemarketing riparte l’assedio domestico». Il bollettino delle piaghe d’Egitto, «Mauro e compagni parlano solo delle piaghe d’Italia» scrive Mario Giordano. Mentre Maurizio Belpietro ingaggia un aspro duello con Giuseppe D’Avanzo, che risponde al direttore di Libero arrampicandosi sui vetri e uscendone male.
D’Avanzo è ormai da mesi la colonna di sfondamento di Repubblica, è il vice di Mauro nella crociata per liberar la patria da Berlusconi, ha sempre picchiato senza risparmio. E ieri le ha buscate anche dal Riformista, da lui accusato di subire la regia dell’«esperto di gossip» Signorini, che «consiglia, indica, sollecita, combina non soltanto le scelte dei direttori dei media berlusconiani, sovraordinato a Vittorio Feltri, capataz del giornale di famiglia, ma anche delle testate del gruppo Angelucci, Libero e Riformista». Antonio Polito ha sfoderato lo staffile rivendicando di aver scritto della «sezione affari riservati di Chi» sei giorni prima che D’Avanzo se ne accorgesse «su Ripubblica» (volutamente con la i), rimproverando la «prosa truculenta» e i disastri causati all’opposizione dalla «sinistra davanzata». Impietoso, il direttore del Riformista racconta di conoscere D’Avanzo da anni, «una volta trovava notizie, e di prima qualità, ora passa il tempo a fabbricare teoremi», e mentre il Corriere scovava la D’Addario e «lo scandalo delle escort, lui era lì a menarsela con le dieci domande a Berlusconi (è vero che sei malato? è vero che ti tira troppo, la minorenne la toccavi o no?)».
Brucianti più della pece, i richiami alle sconfitte subite dal Corrierone al quale Repubblica sognava di sottrarre il primato delle vendite. È da lì probabilmente, che è iniziato il declino e i crociati han mollato l’assedio per rinchiudersi ad Acri. Quando Scalfari ha provato a rimproverare quelli del Corriere perché «pavidi», ha ricevuto da Ferruccio De Bortoli un paio di risposte che lo hanno zittito, «noi facciamo il mestiere di giornalisti, voi campagne politiche» ha sentenziato, sfidando Repubblica a scrivere qualcosa sugli affari dell’ingegner De Benedetti. E ha ragione, perché sul piano del giornalismo e delle notizie, Repubblica s’è fermata a Noemi, da allora prende «buchi» a ripetizione.


Ma peggio di tutto, la vera Caporetto di Repubblica, è la batosta incassata nelle primarie del Pd con la campagna pro Franceschini, la bomba-carta del «lodo Scalfari», l’aver dovuto registrare che i pur affezionati lettori non seguono né punto né poco le indicazione del quotidiano-guida. Toccherebbe tornare a fare soltanto i giornalisti, ma non è facile per chi nutriva l’ambizione di dar la linea all’intera sinistra.

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