Repubblica.it fa l'autogol sulla ricostruzione dell'Aquila

Il dossier fotografico sul sisma, un anno dopo, evidenzia il lavoro svolto da governo e Protezione civile anche con il contributo della comunità internazionale. Ma per il quotidiano d'opposizione i cantieri diventano «simbolo di precarietà» e le new town «dormitori»

Un anno passato a rovistare tra le macerie solo per dimostrare una presunta verità - questa sì, prefabbricata, altro che container -: dopo il sisma del 6 aprile 2009 l'Aquila è ancora sulle ginocchia, anzi non s'è mai rialzata.
Sul sito internet Repubblica.it si celebra «il giorno della memoria» per la gente d'Abruzzo, condita di «dolore e rabbia». C'è persino l'avvertimento al sottosegretario Guido Bertolaso per bocca di tale Antonietta Centofanti, presidente del Comitato vittime Casa dello studente: «Se verrà alla fiaccolata, non si aspetti un'accoglienza calorosa, per noi non è benvenuto». Il tentativo evidente, l'ennesimo, è di dipingere un clima di astio e risentimento nei confronti della Protezione civile, dei vigili del fuoco, dei volontari, insomma di tutti coloro che in dodici mesi hanno contribuito a ridisegnare il volto di una città distrutta. Ma soprattutto, nel mirino, ecco il governo della ricostruzione.
Tuttavia proprio il raffronto asettico tra ieri e oggi, proposto sull'home page di «Repubblica.it», aiuta a capire come stanno le cose per davvero. E a crollare stavolta è il teorema dei disfattisti. Il dossier per immagini «L'Aquila un anno dopo, foto a confronto» restituisce il senso della realtà al netto delle strumentalizzazioni. Si comincia, ad esempio, con la chiesa di Santa Maria del Suffragio, detta «delle Anime Sante», adottata dal presidente francese Sarkozy: risale al 1700, a seguito del terremoto ha subito la distruzione quasi totale della cupola. La stessa cupola è stata messa in sicurezza dai vigili del fuoco, tanto che la chiesa è stata riaperta al pubblico a fine marzo. Eppure per quelli di «Repubblica» è «segno di precarietà, come precaria è la vita degli aquilani». Idem per la chiesa della Concezione di Paganica, dove risultano ben evidenti i ponteggi installati per scongiurarne il crollo. Poi c'è il caso della frazione di Bazzano, laddove in passato «si potevano vedere al massimo agricoltori o pastori al lavoro», recita la didascalia, mentre adesso «ci sono i palazzoni del piano Case». E la new town festeggiata da adulti e bambini il giorno dell'inaugurazione già il 29 settembre scorso a meno di sei mesi dalla tragedia, con le bandiere tricolore ancora esposte ai balconi? Come non detto, diventa «un quartiere dormitorio».
È il turno quindi della chiesa di Onna, ridotta in un cumulo di mattoni e lamiera la mattina dopo il sisma; oggi ripulita dalle macerie e a ricostruzione ormai avviata, grazie anche all'interessamento del governo Merkel.
Torniamo al centro dell'Aquila, in via D'Annunzio, dove un condominio s'era accartocciato su se stesso provocando la morte di 13 persone, l'unico a cedere nella zona della villa comunale. Nelle scorse settimane la Procura ha fatto partire gli avvisi di garanzia per negligenza nell'iter realizzativo della struttura, che pure era in cemento armato. Ebbene, a un anno di distanza l'area interessata dal crollo appare interamente bonificata.


L'ultima immagine della galleria proviene dal borgo di Villa Sant'Angelo, riguarda in particolare la chiesa di San Michele: prima immersa tra le macerie come il 90 per cento delle case del paese, e ora messa in sicurezza. Intorno è sorto un villaggio per gli sfollati, ma pure questo è «sfuggito» alle macchine fotografiche di «Repubblica».

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