Ma repubblichini e partigiani resterebbero divisi

(...) dignità nella scelta compiuta più di mezzo secolo fa dai partigiani e dai «repubblichini». E poi, solo poi, pensare a un sacrario comune. Ma riconoscere una «dignità» a chi combatté - magari anche inconsapevolmente, magari appena sedicenne, magari confondendo Patria e Fascismo - dalla parte «del male», non è semplice. Quella dignità le parti in causa non se la sono mai riconosciuta in vita (e neppure l’abbiamo riconosciuta noi che siamo i loro figli per la verità), allora perché far finta che possa essere riconosciuta da morti?
Si dice l’importanza della riconciliazione, si implora la pietas cristiana. Ma costruire un sacrario comune è un atto politico, non «umano» o religioso. E comunque, riconciliazione e pietà sono sentimenti dei vivi, non dei morti: il sentimento dei morti è la memoria. E partigiani e «repubblichini» sono i primi a chiedere che rimanga viva la memoria per la quale hanno combattuto e sono morti. In questo mondo potrebbero addirittura perdonarsi a vicenda.

Nell’altro avranno di sicuro superato ogni problema. Ma qui, da morti, preferiscono rimanere divisi. Ed essere liberi di scegliersi, per compagni, nella tomba, quegli stessi amici con i quali condivisero la medesima scelta.

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