Respinto il ricorso di Cosentino: sì all’arresto

RomaIl giorno in cui il deputato pidiellino, nonché sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino (nella foto sopra) non fosse più parlamentare, per lui potrebbero scattare le manette. Lo ha deciso la corte di Cassazione che ieri s’è pronunciata sulla legittimità della richiesta di custodia cautelare in carcere, disposta dal gip di Napoli lo scorso 7 novembre. Cosentino, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa per presunti contatti con il clan dei Casalesi, s’è sempre dichiarato innocente e vittima di una giustizia politica. Sul piano giuridico, invece, s’è subito attivato per chiedere l’annullamento dell’ordinanza con cui i magistrati ne chiedevano l’arresto. Attraverso i suoi legali, Stefano Montone e Agostino De Caro, il sottosegretario non ha impugnato l’atto al tribunale del Riesame ma direttamente alla Suprema corte. Secondo la tesi difensiva il provvedimento di arresto avrebbe meritato l’annullamento perché presenta vizi di legittimità, a cominciare dal dubbio utilizzo delle intercettazioni telefoniche, dalla mancata trasmissione di tutti gli atti e perché il gip di Napoli ha sottovalutato la memoria difensiva.
La procura della Cassazione, nella persona del sostituto procuratore generale Vito Monetti, ha però chiesto ai giudici della prima sezione penale di rigettare il ricorso del sottosegretario. Richiesta accolta ieri ma che, di fatto, nell’immediato non ha effetti sulla sorte di Cosentino. La Camera dei deputati, diciotto giorni fa, aveva infatti negato l’assenso all’arresto, confermando la decisione assunta nei giorni precedenti dalla giunta per le autorizzazioni di Montecitorio. Un documento, quello votato dai deputati, approvato a larga maggioranza: niente arresto per 360 onorevoli contro 226 favorevoli. Una pronuncia che aveva suscitato qualche polemica, visto che i voti a favore di Cosentino erano stati superiori a quelli della maggioranza.
Nonostante la decisione della Suprema Corte, sul caso Cosentino rimane qualche dubbio su una richiesta di custodia cautelare in carcere arrivata a distanza di mesi dall’avvio delle indagini e sulla base di presupposti generici.

Resta inoltre difficile immaginare che soltanto adesso ci sia il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. Il diretto interessato, sull’ennesimo capitolo giudiziario che lo riguarda, preferisce tacere sottolineando soltanto come, anche questa volta, abbia appreso la decisione della Corte dalle agenzia di stampa.

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