Sentiamo già il coro di indignate proteste alzarsi dai banchi dei «laici furiosi». La Congregazione vaticana per lEducazione cattolica chiede che linsegnamento della religione abbia lo status di disciplina scolastica a tutti gli effetti, che le sia cioè riconosciuto un valore pari alle altre materie, come la matematica o la filosofia. E chiede di non considerare lora di religione come un insegnamento di natura multiconfessionale - una generica storia delle religioni - ma un momento di conoscenza e approfondimento del cattolicesimo. Ce nè abbastanza, insomma, per scatenare le ire del mondo laico e laicista, per il quale la «richiesta» vaticana apparirà inaccettabile e irricevibile: accoglierla, significherebbe preparare la strada a uninvoluzione in senso teocratico dello Stato italiano. Vade retro.
In realtà, tenuto fermo il principio della «facoltà» (e non dellobbligo) di avvalersi dellora di religione da parte degli studenti italiani, la preoccupazione della Chiesa - rivolta non allo Stato ma ai presidenti delle Conferenze episcopali - appare più che legittima. Chiedere che lora di religione abbia dignità pari a tutte le altre materie, significa soltanto assicurarle una sistematicità e un rigore che non la condannino a esser la cenerentola della compagnia, unora di «serie B», svuotata di significato e autorevolezza: «Deve presentare il messaggio e levento cristiano - recita il documento vaticano - con la stessa serietà e profondità con cui le altre discipline presentano i loro saperi. Accanto a queste, tuttavia, esso non si colloca come cosa accessoria, ma in un necessario dialogo interdisciplinare». Si tratta di una preoccupazione più che comprensibile, che non toglie nulla agli studenti, ma semmai aggiunge. E per quanto riguarda lorientamento specificatamente cattolico dellora di religione per metterla al riparo da una trasformazione in senso «multiconfessionale», si tratta di una «richiesta» in linea con lo stesso Concordato, secondo il quale lora di religione, nelle scuole italiane, è linsegnamento della religione cattolica. Dovè lo scandalo? «Il 90% della popolazione italiana è cattolica: è giusto insegnare a scuola questa confessione»: lo ha detto ieri Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, per nulla sorpreso dalle affermazioni vaticane. In un paese per la stragrande maggioranza cattolico (o che perlomeno si professa tale), è più che normale che chi decide di avvalersi dellora di religione riceva gli insegnamenti del cattolicesimo. E che non si tratti di una indebita «prevaricazione» della Chiesa di Roma sulle altre confessioni, lo dimostrano le dichiarazioni in questo senso favorevoli di autorevoli esponenti valdesi e protestanti, e addirittura musulmani, che vivono (e professano) in Italia: si può discutere o meno della «necessità» di unora di religione nelle scuole; ma una volta prevista nei programmi - ammettono loro stessi - allora è giusto che in quel contesto si insegni il cattolicesimo. E persino un laico di ferro al di sopra di ogni sospetto come il filosofo Massimo Cacciari ha più volte sottolineato in passato il valore e la necessità dellinsegnamento scolastico delle grandi tradizioni monoteistiche, tra le quali quella cristiana, bocciando lidea di una materia genericamente «multiconfessionale».
I non cattolici fanno naturalmente fatica ad accettarlo, ma - come insegna un altro laico di ferro come Giancarlo Bosetti nel suo nuovo saggio non a caso intitolato Il fallimento dei laici furiosi - la religione non è un nemico da annientare, semmai un prezioso alleato nelle sfide del futuro. Le cieche battaglie anticlericali - ad esempio rifiutare linsegnamento del cattolicesimo nelle nostre scuole - non portano da nessuna parte. Una vera e nuova cultura laica deve sì lottare contro ogni integralismo, ma anche accettare il ruolo delle religioni come rafforzamento e «complemento» dello Stato liberale. E in Italia, nelle nostre scuole, questa religione è quella cattolica.
Linsegnamento del cattolicesimo in aula non richiede di per sé ladesione di fede e non si presenta come una catechesi, ma soltanto come la trasmissione di una conoscenza sullidentità del cristianesimo. Insegnare e conoscere il quale significa - questo è un passo ulteriore - rafforzare e «completare» la nostra identità. Ossia la nostra tradizione e la nostra storia. In una parola, la nostra cultura.
Lora di religione, se svolta in modo adeguato - cioè con la stessa serietà di tutte le altre materie come chiede il Vaticano - è più che utile: è necessaria. Non solo per chi crede ma anche per chi non crede. Chi crede cercherà di chiarire e approfondire le motivazioni e i fondamenti delle proprie credenze. E chi non crede si renderà conto in che cosa consiste il «mondo» che decide di respinge ma nel quale, per sua scelta o suo malgrado, si trova a vivere e a crescere. Un «mondo» che per lOccidente e lItalia significa la tradizione cristiana.
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