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Rete lampo del solito Toni Ma questa Roma è tosta

Identificati così alcuni spettatori. Cori razzisti contro Dacourt e Okaka

Paolo Marchi

nostro inviato a Firenze

Sono poche le cose belle che restano nel taccuino e nei ricordi di un Fiorentina-Roma che ha riproposto lo stesso risultato dell’andata, 1 a 1 all’Olimpico, 1 a 1 al Franchi, in un pomeriggio condito in apertura dalla tristezza scesa nel minuto di silenzio in ricordo del piccolo, innocente Tommaso e poi proseguito con una prestazione globale al di sotto delle attese. Come superman si è subito proposto Luca Toni, il bomberone viola a segno dopo un minuto e un pugno di secondi ma, anche se la sua segnatura a Firenze ha fatto storia perché ha raggiunto Hamrin e Batistuta nella graduatoria dei goleador di ogni epoca (26 reti e ancora sei partite per superarli), pure lui è poi rimasto invischiato nelle lentezze della manovra fiorentina. In palio tra le due regine del Centro Italia il quarto e ultimo posto nella prossima Champions. Un punto di vantaggio avevano i toscani e un punto hanno conservato, ma con la lingua penzoloni e poche idee in testa, inevitabile quando la fatica appesantisce le gambe e ingolfa la testa.
Se c’era una squadra che ha fatto la partita e meritava di vincere, questa era la Roma. La Fiorentina, pescato il jolly perché Toni, sul lancio di Fiore deviato in maniera decisiva da Jimenez, era in fuorigioco, avrà benzina per una decina di minuti (durante i quali Mexes si farà ammonire per gioco pericoloso sul capocannoniere), poi rallenterà e subirà la maggior grinta romanista. Ieri, a parte la cronica assenza di attaccanti, o ceduti (Cassano) o infortunati (Totti e Montella), Spalletti, ex speranza delle giovanili gigliate, si è visto costretto a rinunciare a centrocampo a un De Rossi che sembrava avere recuperato una distorsione a una caviglia. L’ultimo test ha invece consigliato prudenza. E così, accanto ad Aquilani, ecco Dacourt, una preoccupazione inevitabile perché mancano sei turni e, al di là della retorica che condisce il calcio, quello di ieri non era certo l’ultimo confronto, lo spareggio senza appelli.
E, parentesi, dopo tanti timori per potenziali incidenti tra le due tifoserie, si sono registrati momenti minimi di tensione fuori e dentro lo stadio. Da segnalare , in negativo, due momenti ben diversi tra loro. Il primo: millecinquecento ultra, arrivati dalla capitale senza biglietto, sono stati fatti entrare con un semplice timbro sul braccio e sistemati fuori dai recinti dedicati. È un precedente pericoloso, chi in futuro raccoglierà mai gli appelli a non andare in trasferta senza ticket? Il secondo: andati, i romanisti, a lanciare le maglie ai loro tifosi, sono stati fischiati dai viola, con l’aggiunta di ugheggi verso Okaka e Dacourt perché neri. È intervenuto Mexes: «Quando ho sentito il verso della scimmia e arrivare delle bottigliette, non ci ho più visto, ne ho presa una e l’ho rilanciata. Basta con queste cose». Illuso.
Ma per i pericoli temuti, è stata nel complesso una domenica tranquilla, per i viola anche in campo (nonostante abbiano giocato 10 partite in meno, mancando loro la coppa Uefa). Se Toni festeggerà elogiando i compagni per il primato («se ho segnato tanto è perché ho compagni meravigliosi. Si tratta di non fermarsi ora»), Spalletti farà il signore per quel fuorigioco che ha messo subito la partita in salita: «Abbiamo avuto qualche minuto di sbandamento, poi il gioco è stato nostro».

Resta però l’immagine di un estremo, Lobont, che ha respinto almeno quattro palloni dorati ed è capitolato al 26’ della ripresa su Cufrè solo per colpa di un Jorgensen di gesso.

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