Tirata in mezzo pesantemente nello scontro Berlusconi-Fini, la Lega prepara il contrattacco. Mentre Bossi, a metà pomeriggio, raduna i fedelissimi per stabilire la linea, comincia a serpeggiare unaria di tempesta anche nel Carroccio, che finora aveva mantenuto il profilo sobrio e pacato del paciere tra i due litiganti. La tentazione, adesso che la Lega è stata accusata direttamente di aver spostato lasse del Pdl, è quella di giocare la carta del voto. Più come minaccia che come prospettiva privilegiata, perché se è vero che la Lega vive una luna di miele con i suoi elettori, il voto rimane pur sempre unincognita. Il cambio di passo ha una ragione semplice. Stavolta Fini non sì è limitato genericamente a lamentare uneccessiva influenza della Lega sul governo, stavolta Fini ha attaccato il cuore del programma leghista, il federalismo, sostenendo che la riforma ha costi elevati e che il Pdl non è costretto a fare i decreti attuativi del federalismo, perché «sono pericolosi se non garantiscono un interesse nazionale».
Parole che suonano come un atto di guerra per Bossi e i suoi. Se la corrente finiana dovesse dare battaglia al cammino del federalismo, le cose cambierebbero molto per il Carroccio, che a questo punto non potrebbe escludere più nulla. «È venuto finalmente allo scoperto il partito dello status quo - spiega il senatore Roberto Castelli -, il partito del no alle riforme e del no al federalismo. I finiani finora hanno fatto finta di sostenere il federalismo fiscale. Però attenzione perché il federalismo è la ragione sociale della Lega, per cui...». Per cui la linea rimane quella fissata da Bossi il giorno prima: o la maggioranza è coesa sul tema che sta a cuore alla Lega, oppure meglio chiedere agli elettori cosa ne pensano, con un voto anticipato.
Lirritazione per le parole di Fini è molto forte tra i vertici della Lega, anche se lordine di scuderia è ancora il silenzio. Mantiene il riserbo Roberto Calderoli («Noi non parliamo, la discussione è interna al Pdl»), definito sarcasticamente da Fini «piè veloce», per liniziativa di presentare al Colle una bozza di riforme costituzionali, un «affronto» soprattutto per Fini e per il suo movimento «politico-culturale» che ambisce a ispirare la linea riformatrice della maggioranza, e che invece si è visto superare proprio su questo terreno dallalleato-avversario Bossi. Non commenta il direttore della Padania, lorgano della Lega Nord finito nella reprimenda di Fini per via di alcuni titoli, in particolare quello (poco celebrativo) sulle celebrazioni per lunità dItalia. Chi invece parla, e pure a ruota libera, sono gli ascoltatori di Radio Padania. «Ma neanche al Gran Consiglio nel 43 cè stato un voltafaccia del genere!», «Ma che dice Fini? Non rappresenta il Nord e nemmeno il centrodestra!», «Ha detto cose incredibili, sembra un extraparlamentare di sinistra!», sono i commenti meno duri andati in onda ieri sulla radio leghista. «E non chiamano solo leghisti - spiega Matteo Salvini, eurodeputato leghista e animatore di Radio Padania - anzi, ci sono tanti che si presentano come elettori del Pdl e che esprimono sconcerto per quel che sta avvenendo. Certamente dal punto di vista del Nord quel che Fini ha detto attaccando la Lega provoca una certa incazzatura tra gli ascoltatori.
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