RomaIl rientro ufficiale sulla scena politica per Silvio Berlusconi è anche giornata di bilanci. Così, dopo aver dato una decisa accelerata sul fronte giustizia - tendendo la mano allopposizione con un forte «alleggerimento» del processo breve e manifestando la disponibilità della maggioranza ad accantonare il lodo Alfano costituzionale nel caso fosse davvero percorribile la via dellimmunità - il Cavaliere dà uno sguardo a quello che chiama il «clima dodio» degli ultimi mesi. Ce lha con la campagna di Repubblica, con le inchieste delle «solite procure» e le accuse dei pentiti che sono arrivati a dipingerlo come il mandante delle stragi di mafia del 93 e 94. «Un complotto - ragiona Berlusconi durante una pausa del vertice a Palazzo Grazioli - che è ormai fallito». In questo senso, spiega, laggressione di piazza Duomo è stata un «test eloquente» anche «rispetto alla mia immagine internazionale». Perché «ho ricevuto più telefonate dirette che messaggi» da «tutti i leader del pianeta», segno che «il mio prestigio è rimasto intatto» nonostante «i mesi di assedio». Insomma, ora «nessuno può più pensare di sbarazzarsi di me».
Questo, però, non significa che non si debba «provare in tutti i modi» a «trarre una lezione da quanto accaduto». Perché, è la convinzione del Cavaliere, lopportunità di aprire un canale di dialogo con lopposizione «non va buttata». Di qui, i cinque emendamenti che di fatto riscrivono il cosiddetto processo breve venendo incontro alla richieste del centrosinistra. E pure lapertura sul ddl bipartisan sullimmunità firmato da Franca Chiaromonte (Pd) e Luigi Compagna (Pdl). Il punto, ragiona in privato Berlusconi, è «capire se davvero la Chiaromonte parla a nome di tutto il Pd». Perché, spiega Paolo Bonaiuti, «se Bersani sembra convinto, i suoi predecessori Franceschini e Veltroni pare che la pensino diversamente». Ed è vero che il premier è disponibile al confronto ma non certo, spiega Berlusconi in privato, «se questo significa impantanarsi». Daltra parte, «abbiamo avuto la fiducia degli elettori su un programma» e qualunque stagione riformatrice «non può non tenere conto di quel che vuole la maggioranza del Paese» che «ho il dovere di rappresentare». Se il Pd o lIdv alla fine bloccheranno il confronto, dunque, il premier è deciso ad andare avanti «a maggioranza». Perché, spiega il vicepresidente dei deputati Osvaldo Napoli, «fare le riforme è un nostro dovere». Anche per questo, forse, dovrebbe nascere un gruppo di lavoro ad hoc con Umberto Bossi, Roberto Calderoli e i capigruppo del Pdl che partirà dallo scheletro della bozza Violante.
Un Berlusconi che prova dunque ad aprire una stagione nuova senza alcuna pregiudiziale verso lopposizione ma che lascia intendere chiaramente di non essere disponibile a cedere troppo terreno rispetto allagenda di governo. Sulla riforma della giustizia, sul federalismo fiscale e istituzionale e - con tempi più lunghi e diverse ipotesi sul tavolo - con la riforma fiscale si dovrà procedere comunque. Perché buttata alle spalle la «stagione dellodio» - per il Cavaliere la sua intervista a Repubblica di domenica scorsa è stata una sorta di sigillo al nuovo corso - cè bisogno di «rilanciare subito lazione del governo». Anche in vista dellappuntamento elettorale di fine marzo, decisivo anche in ottica nazionale. Forse anche per questo Berlusconi - che ieri ha dato il via libera al socialista Stefano Caldoro in Campania - non nasconde le sue perplessità sulla scelta dellUdc di non appoggiare il leghista Roberto Cota in Piemonte. Casini - è il suo ragionamento - gli ha preferito la Bresso nonostante su di lei avesse posto il veto e nonostante sia più radicale della Bonino. Chissà, la butta lì, «quandè che Pier capirà che non stiamo giocando... ».
Nessuna novità, invece, sul fronte dei rapporti con Gianfranco Fini. Che, ribadisce il premier durante il vertice a Palazzo Grazioli, «sono ottimi».
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