Il retroscena Il Cav punta alla ripresa economica: «Voglio metterci la faccia»

RomaQuando martedì pomeriggio Gianni Letta e Gianfranco Fini si sentono al telefono lo show down sembra ormai a un passo. Al punto che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio non nasconde tutta la sua preoccupazione e dice chiaro e tondo all’ex leader di An che «i margini di manovra sono ormai strettissimi». Passano dodici ore e da Palazzo Chigi arrivano invece segnali distensivi, con Silvio Berlusconi che in una nota - limata parola per parola insieme a Letta e a Paolo Bonaiuti - esclude ogni ipotesi di elezioni anticipate. Un modo per rimandare la palla nel campo del presidente della Camera e mettere nero su bianco che non è certo lui a voler far saltare il banco. Ma anche il risultato di una prima timida mediazione, andata in scena durante una cena organizzata proprio martedì sera a Palazzo Grazioli. A tavola, oltre al premier, tre senatori finiani (Andrea Augello, Giuseppe Valditara e Giuseppe Valentino) e due senatori azzurri (Romano Comincioli e Giuseppe Saro), presenti anche Sandro Bondi e - in un secondo momento - Maurizio Gasparri. Una cena che ha avuto il via libera di Fini e nella quale si è cercato di fare chiarezza sulle tante incomprensioni degli ultimi mesi. Con Augello, Valditara e Valentino che hanno ribadito la disponibilità a un via libera al processo breve in tempi rapidi (entro Natale).
Timidi segnali, dunque. A cui fa seguito un faccia a faccia tra Berlusconi e i due coordinatori del Pdl Denis Verdini e Ignazio La Russa, con il ministro della Difesa che riferisce immediatamente del colloquio al presidente della Camera. Anche per questo, dunque, il giorno dopo l’affondo di Renato Schifani il Cavaliere decide di dare spazio alle colombe. Lo fa con una nota ufficiale e lo ripete nel pomeriggio quando alla Camera incontra i giornalisti. Perché questo - spiega in privato nei molti incontri privati che ha a Montecitorio - è «il momento di stare alla finestra» e aspettare gli eventi. Tra cui, ovviamente, il destino del ddl sul processo breve. La giustizia, infatti, rimane per Berlusconi il punto centrale perché, spiega a un ministro, «dovrei pensare a incontrare Obama e non a studiare le carte dei processi con i miei avvocati». Il Cavaliere torna sulla sentenza Cir, ripete che la cifra che dovrebbe risarcire a Carlo De Benedetti è «il doppio del valore della Mondadori» e non si mostra molto ottimista sul secondo grado. Mentre le diplomazie lavorano, però, Berlusconi non nasconde le sue perplessità su Fini. Prende le distanze dal Giornale («mi sta facendo solo danni») ma ribadisce in privato che «Gianfranco dovrebbe pensare a fare il presidente della Camera e occuparsi un po’ meno di politica». In aula per il voto, poi, si rivolge ad alcuni deputati e li rassicura: «Mai pensato di mollare e di arrendermi».

Un ragionamento che con un ministro articola così: «A gennaio comincerà la congiuntura economica positiva e avremo le risorse per finanziarie interventi importanti. Se qualcuno pensa che dopo un anno e mezzo di crisi sia disposto a lasciare la palla ad altri si sbaglia di grosso».

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