Economia

Revisori in allarme: Tiscali rischia di non sopravvivere

Tiscali trema ancora. Stavolta a nutrire dubbi sul futuro dell’internet provider sardo, fondato da Renato Soru e oggi ancora primo azionista con il 20%, è la società di revisione contabile Ernst & Young che si è rifiutata di firmare il bilancio 2008. In dubbio non sono i conti ma la stessa sopravvivenza di Tiscali su cui, come scrivono i revisori, permangono «incertezze sulla prospettiva di continuazione aziendale». Immediata la reazione del titolo in Borsa che dopo pochi minuti dall’avvio delle contrattazioni è arrivato a perdere il 9,5% per terminare la seduta in calo del 6,4% a 0,358 euro. Solo nell’ultimo anno il gruppo ha bruciato l’82% del suo valore. I revisori hanno posto l’accento sulla difficile situazione finanziaria di Tiscali. Lo scorso 9 marzo, all’indomani del fallimento delle trattative di vendita delle attività inglesi a BskyB, Tiscali annunciava di aver sforato le garanzie sui prestiti e di essere rimasta senza un centesimo in cassa tanto da non poter pagare gli interessi su 600 milioni di debiti.
Da allora la società è corsa ai ripari ottenendo dalle banche finanziatrici, Intesa Sanpaolo e Jp Morgan, un accordo per la sospensione dei pagamenti fino a dicembre e l’apertura delle trattative per la ristrutturazione del debito. Un processo a cui le banche hanno «formalmente dichiarato di attribuire la priorità assoluta per raggiungere una soluzione entro fine anno», si legge in una nota diffusa dal gruppo. Nella stesso comunicato stampa Tiscali si difende dai rilievi dei revisori sottolineando che «il 31 dicembre 2009 è un orizzonte coerente con quello della continuità aziendale ai fini della revisione contabile».
Eppure anche per gli analisti il futuro di Tiscali non è scontato. «La sopravvivenza del gruppo è in mano alle banche e le strade per la salvezza non sono molte: la cessione forzata delle attività inglesi, oppure un aumento di capitale o la conversione dei debiti in azione», spiega un analista secondo cui il titolo in Borsa potrebbe arrivare a valere un terzo di adesso.
In ogni caso, infatti, a farne le spese maggiori saranno gli azionisti. La cessione delle attività inglesi, più volte fallita per l’opposizione di Soru che esigeva prezzi elevati, risolverebbe il problema debiti ma restituirebbe un gruppo fortemente ridimensionato. Un aumento di capitale o una conversione del debito in azioni porterebbero a una forte diluizione del valore dei titoli.
Le incertezze non sono finite: sul futuro del gruppo, hanno sottolineato i revisori, pesano contenziosi «potenzialmente significativi» nei confronti della controllata olandese World Onlien International. Ancora dal bilancio 2008 emerge che il capitale del gruppo a fine anno risulta ridotto, a causa di perdite, di oltre un terzo a 154,096 milioni.

Il consiglio proporrà all’assemblea in agenda il 29/30 aprile di ripianare parte delle perdite attingendo delle riserve esistenti e di rinviare alla chiusura del bilancio del 2009, i restanti 151,831 milioni.

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