"Durante la seconda stagione de Il commissario Ricciardi i fan della serie mi chiedevano: Ma non potrebbe sorridere un po' di più?. Eh, no rispondevo io - sennò vi rovino la sorpresa che avrete quando arriverà la terza". E la sorpresa sta arrivando: nella terza stagione della fiction tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni (su Raiuno da lunedì 10, per la regia di Gianpaolo Tescari) Lino Guanciale (foto) finalmente sorride. "Alla fine della stagione precedente il commissario aveva fatto un passo per lui ciclopico racconta l'attore - Aveva chiesto al cavalier Colombo il permesso di frequentare sua figlia. Così, ora, fa l'esperienza di una felicità del tutto nuova per lui. E che lui non osava nemmeno desiderare, perché pensava di non averne diritto".
Anche se sorridente, però, il malinconico Ricciardi rimane quel personaggio silente, pensieroso e sostanzialmente riflessivo che, anche grazie alla popolarità di Guanciale, ha fatto la fortuna della serie tv. E inalterato rimane il suo misterioso dono: per risolvere gli enigmi che animano le ombre dei vicoli di una Napoli anni '30, infatti, il bel poliziotto si avvale della sua misteriosa capacità di vedere i fantasmi delle vittime di morte violenta, e di ascoltarne l'ultimo pensiero. Altra novità: per la prima volta Ricciardi si troverà a confrontarsi con un omicida seriale. Concetto all'epoca ancora estraneo al linguaggio criminologico. "L'obiettivo che ci siamo posti rivela Viola Rispoli, sceneggiatrice assieme allo stesso De Giovanni - era semplice: non tradire mai un personaggio così amato, dai lettori e prima dai telespettatori poi. Anche se, inevitabilmente, adattarlo ai tempi televisivi, che sono molto diversi, è stato difficile. Ad esempio: il commissario è uno che pensa moltissimo. Nel linguaggio tv rendere i pensieri è complicato; rischia di ostacolare il ritmo, di risultare un espediente sorpassato.
Così abbiamo cercato di tenere un equilibrio tra fedeltà allo spirito del personaggio e la sua interpretazione televisiva: il racconto, intriso di malinconia e tensione emotiva, alterna momenti di introspezione a scene di forte impatto visivo. Il risultato? Spero che l'identità dell'originale sia rimasta intatta. E che si sia reso più onore possibile al suo autore".