Per rilanciare un partito come Forza Italia, formato da elettori di varia estrazione politica e con una forte componente identificabile con la vecchia «maggioranza silenziosa» refrattaria a ogni inquadramento, ma pronta a mobilitarsi quando ritiene che ne valga la pena, bisogna fornirgli soprattutto delle motivazioni. Quando scendemmo in campo per la prima volta nel 1994, la motivazione principale era di fermare la «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto ed impedire che la rivoluzione di Tangentopoli consegnasse - per chissà quanto tempo - il Paese alle sinistre. Quando sbaragliammo il centro-sinistra nel 2001, la motivazione era di attuare finalmente quella rivoluzione liberale, quell'opera di modernizzazione e quel salto nel futuro che Berlusconi aveva mirabilmente illustrato nella sua campagna elettorale.
In questo momento, gli elettori, reali e potenziali di Forza Italia sono invece demotivati per una serie di ragioni che è fin troppo facile individuare: la mancata realizzazione di parti rilevanti del programma del 2001, specie nel campo delle liberalizzazioni, della delegificazione e delle riforme; la elezione, grazie a una improvvida legge elettorale, di deputati e senatori scelti dall'alto, con criteri spesso discutibili, che per giunta hanno già cominciato a peccare di assenteismo quando la situazione parlamentare richiederebbe invece la più assidua delle presenze; una opposizione in apparenza abbastanza blanda a leggi e decreti che i nostri elettori vedono come il fumo negli occhi e che rischiano di fare danni permanenti; il predominio, a livello locale, di una nomenklatura di partito spesso non all'altezza della situazione, e in alcuni casi più interessata agli affari e alle poltrone che al futuro del movimento.
Il problema è di superare questo clima di delusione e ridare entusiasmo ai cittadini indicando loro nuovi traguardi e mobilitandoli per cause per cui valga la pena di battersi. Francamente, non so se, per fare questo, serva o non serva scendere in piazza, come si fece con successo un paio di volte nel periodo 1996-2001, contro le tasse e contro la criminalità. Prima di marciare, bisogna comunque decidere, possibilmente d'intesa con gli alleati, per che cosa o contro che cosa marciare e contemporaneamente finalizzare l'intera azione politica al conseguimento degli obbiettivi prescelti.
L'obbiettivo più ovvio è, oggi come oggi, mettere in crisi il governo Prodi, che i numeri del Senato rendono estremamente vulnerabile e che nel corso della Finanziaria dovrà affrontare innumerevoli scogli. È, certo, un obbiettivo in grado di galvanizzare l'elettorato, ma richiede da parte dei vertici una risolutezza e un impegno che finora non si sono visti, forse perché si vuole lasciare cuocere ancora per un po' la maggioranza nel suo brodo o lasciarle la responsabilità di affrontare questioni spinose come la riforma delle pensioni. Comunque, bisogna andare più in là, lanciare fin da ora, come se nuove elezioni fossero già alle porte, un progetto capace di coinvolgere la gente, stimolare le fantasie, riaccendere quella fiducia nel Paese che il persistente arretramento in tutte le graduatorie che contano - produttività, competitività, libertà economica e quant'altro - ha fatto venire meno: un'operazione simile a quella che hanno fatto con successo, in momenti in cui i rispettivi Paesi attraversavano crisi simili alla nostra, leader storici come Ronald Reagan e Margaret Thatcher e come sta facendo in questo momento con considerevole efficacia in Francia Nicolas Sarkozy. Bisogna, in altre parole, tornare a convincere l'elettorato che Forza Italia ha la ricetta giusta per migliorare la condizione dei cittadini, soprattutto dei giovani che soffrono di più per le difficoltà che stiamo attraversando, garantire la sicurezza, difendere la nostra identità nazionale. Deve essere, naturalmente, una ricetta compatibile con i nostri valori, senza colpevoli cadute demagogiche; una ricetta facilmente comprensibile, in cui il maggior numero possibile di cittadini abbiano il loro tornaconto; una ricetta, infine, che possa essere pubblicizzata con tutti i mezzi più moderni, compresi quei blog che hanno avuto una parte decisiva nelle ultime elezioni americane.
Una condizione essenziale per il rilancio è smettere di giocare solo di rimessa, cioè di attaccare il governo per le sue prepotenze e i suoi svarioni, ma mettersi a pensare in positivo.
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