Riese Pio X, il paese votato alla Lega

nostro inviato a Riese Pio X (Treviso)

La culla della Lega trionfante è la patria dell'ultimo Papa santo, ai piedi del Montello, dove tutto parla di San Pio X: il toponimo, la strada principale, la pizzeria, la farmacia. Qui il partito del nuovo governatore Luca Zaia ha mietuto il 65,9 per cento dei voti, record veneto: ma per il sindaco Gianluigi Contarin, leghista della prima ora, è un mezzo smacco, perché appena un anno fa era stato rieletto con il 74 per cento. Riese Pio X ha diecimila abitanti, una giunta monocolore padana dal 1994, capannoni ovunque che attirano il 10 per cento dell'intera popolazione straniera regolare della provincia di Treviso (la metà viene dalla Romania) più un numero imprecisato di cinesi che vivono stipati in vecchie case coloniche sparse nella pedemontana.
A ogni angolo, a ogni insegna, davanti a ogni monumento (compreso quello dedicato ai «riesini nel mondo») vigilano telecamere di controllo. Sul muretto di cinta attorno alla villa settecentesca che ospita il municipio è appeso uno striscione gigantesco «No all'inceneritore». Lavoro, immigrazione, sicurezza, difesa del territorio: Riese concentra in sé tutti i motivi della vittoria leghista.
«Prima il Veneto» è stato lo slogan elettorale del ministro Zaia. E continuerà a esserlo. Il neoeletto doge preme sull'acceleratore. Insisterà con la richiesta di maggiore autonomia che corre su un «doppio binario»: da un lato vuole essere la prima regione ad applicare il federalismo fiscale («siamo prontissimi al federalismo demaniale, cioè a gestire i beni che lo Stato sta per trasferire agli enti locali»), dall'altro convocherà un tavolo con il governo per chiedere «nuove competenze esclusive». Zaia non entra nel dettaglio, ma fa capire che intende lavorare sugli articoli 116, 117 e 119 della Costituzione per strappare maggiori poteri a Roma oltre a quelli sulla sanità. «Per esempio sulla scuola o sull'energia», butta lì. Giampaolo Gobbo, segretario della Lega veneta, aggiunge la polizia locale, già presente nel testo della «devolution» bocciato dal referendum.
La linea è segnata. Se gli chiedi quali sono i primi tre punti del programma, Zaia risponde: federalismo, federalismo, federalismo. «Non abbiamo più alibi, la gente ci ha votato per questo. Non ci interessano i rapporti di forza, non faremo politica con la calcolatrice. Agiremo rapidamente». Il primo appuntamento, insediata la giunta, sarà modificare statuto e regolamento regionale per sveltire l'attività: «Se necessario, i consiglieri staranno in aula col sacco a pelo e le scatolette di acciughe pur di arrivare rapidamente al risultato». Idee chiare e pragmatismo. Anche sul versante economico: «Sono contento che Unicredit, istituto con solide radici venete, non sarà più una megaholding nazionale. Più la banca è local più ci piace».
Con gli alleati Zaia è tutto baci e abbracci. Il coordinatore del Pdl veneto, Alberto Giorgetti, parla di «vasi comunicanti» tra i due partiti: oggi prevale la Lega, domani potrebbe tornare avanti il partito berlusconiano. Ma non tutto fila liscio.

Serpeggia il malcontento degli uomini di Galan, trascurati dagli elettori. E c'è subito la prima polemica interna: la Lega ha fatto mancare a Renato Brunetta i voti che lo avrebbero eletto sindaco di Venezia al primo turno. E nel Pdl si parla già di «problemi nella coalizione».

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