Riesumata «Celebration» suite dimenticata di Ellington

La partitura ritrovata dal musicologo Bragalini. Il concerto diventerà un cd

Riesumata «Celebration» suite dimenticata di Ellington

da Chieti

Dopo più di trent’anni torna alla luce un lavoro sinfonico di Duke Ellington del tutto dimenticato, e viene riproposto nell’Auditorium di Chieti dalla Jazz Orchestra della Sidma (Società Italiana di Musica Afro-americana) e dall’Orchestra Sinfonica del Teatro Marrucino dirette da Bruno Tommaso con Paolo Birro al pianoforte. L’opera è Celebration, composta da Ellington nel 1972 ed eseguita soltanto due volte prima della morte del maestro, avvenuta il 24 maggio 1974.
Fino a poco tempo fa, non si sapeva nemmeno se si trattasse di una forma breve e quale fosse l’organico orchestrale. Perfino Ellington la cita una sola volta nell’edizione originale dell’autobiografia Music Is My Mistress attribuendola al 1973, l’anno del copyright. E una volta la menzionano Antonio Berini e Giovanni M. Volontè nel loro fondamentale libro su Duke Ellington, scrivendo a pag. 58 che Celebration fu composta per la Jacksonville Symphony Orchestra, ma non ne precisano lo spessore. La riesumazione - è giusto usare questo termine - si deve al lavoro tenace del musicologo italiano Luca Bragalini, del quale è impossibile raccontare la faticosa odissea per il ritrovamento. Fatto sta che Celebration è una delle ultime partiture sinfoniche di Ellington, dura circa mezz’ora, ha chiari echi di Ciaikovskij negli impasti degli archi ed è bellissima. Lo stesso Bragalini ha promosso il concerto di Chieti per conto della Sidma.
Il programma, articolato in due parti, dà un’idea precisa dell’estrema cura delle scelte. Si comincia con il primo movimento della Suite per Corno e Pianoforte di Billy Strayhorn, l’alter ego di Ellington, un lavoro estraneo al jazz in senso stretto che è l’ultimo della vita di Strayhorn. Seguono l’ironica Night Creature licenziata da Ellington nel 1955, e poi i tre movimenti di Three Black Kings dedicati rispettivamente al nero dei tre Magi, a re Salomone e a Martin Luther King. L’opera fu completata postuma dal figlio di Ellington, Mercer, che scrisse una terza parte tutt’altro che pregevole, ora letteralmente rinata per uno splendido arrangiamento di Bruno Tommaso. Prima della pausa si ascolta Harlem, le cui note «conducono per mano fra i colori e i sapori del grande quartiere nero di New York».
Infine ecco Celebration, molto varia, raffinata e ricca dei moods e delle «tinte pastello» tipiche di Ellington, che entra nell’animo dell’ascoltatore fin dalla prima audizione dopo 33 anni: quasi non ci si crede. Perfetta è la conduzione di Tommaso che dirige senza bacchetta, sobrio ed elegante nel gesto come pochi, e approfitta del finale sommesso della partitura per collegarlo senza soluzione di continuità con l’ultimo brano del progetto, che è For Ellington di John Lewis. Il direttore del Modern Jazz Quartet lo scrisse in memoria di Duke con toni accorati e affettuosi, degni del celebre Requiem (for Charlie Parker) di Lennie Tristano. Lo esegue con tocco e intensità magistrali Paolo Birro al pianoforte solo, e tutto finisce tra applausi clamorosi.
Il concerto diventerà un cd live che sarà allegato a un libro di Bragalini sul sinfonismo ellingtoniano, di prossima pubblicazione da Zecchini Editore.

Unico neo dell’evento è stato l’impossibilità, per coincidenze di programmi, di tenerlo nell’incantevole Teatro Marrucino, una sala in tutto degna di questa cittadina generosa di mirabili panorami di montagna e di mare.

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