Per rifare il Policlinico al bando le gare d’appalto

I lavori partono dalle «gallerie degli orrori» A giustificare l’affidamento diretto la «vergogna mediatica»

Si potrebbe riassumere con un giochetto di parole l’avvio della ristrutturazione del piano ipogeo dell’Umberto I: per fare presto si seguirà la strada di «mettere al bando le gare d’appalto» anziché quella consueta di bandirle per affidare l’appalto. I lavori, partiti ufficialmente ieri, riguarderanno interventi radicali che la giunta regionale stigmatizza come «attesi da 20 anni».
Si parte così da quelle famigerate «gallerie degli orrori», immortalate dall’inchiesta del settimanale l’Espresso quasi un mese fa e ormai oggetto di vergogna per il più conosciuto ospedale italiano. Già, una macchia indelebile che avrebbe «giustificato», a sentire il presidente del Lazio Piero Marrazzo, il ricorso all’affidamento diretto dei lavori a esterne per «questioni di dignità, sicurezza e decoro». Altro che urgenza ed emergenza, come qualcuno aveva fatto intendere, per giustificare l’accelerazione della pratica. Eppure il ricorso all’affidamento diretto per il general manager del nosocomio universitario, Ubaldo Montaguti, è possibile grazie all’applicazione della legge Merloni «che consente la nomina del responsabile unico del procedimento e - ha specificato - fornisce a costui di individuare la ditta che attuerà il progetto».
Mentre a tuonare che «i cantieri si dovevano aprire il primo febbraio e il primo febbraio si sono aperti» è il governatore, visto che sarebbe proprio lui il mandatario dell’ordine dato al manager di provvedere all’apertura dei cantieri. Un ordine perentorio eseguito alla lettera che poco si intende con le attuali normative vigenti in materia di lavori pubblici. Non a caso il decreto 163 del 2006 sarebbe stato licenziato pochi mesi fa proprio per superare quelle anomalie con l’ordinamento europeo ancora insite nei dettami della legge Merloni. Altro che emergenza o superamento delle condizioni di vergogna che hanno posto l’eccellenza ospedaliera del Lazio al pubblico ludibrio: la nuova legge in questione è comunque applicabile solo in caso di lavori contemplati entro un tetto massimo di spesa di 200mila euro. Qui al Policlinico l’impegno è di ben 20milioni. Vale a dire che seppure possa essere meritevole l’iniziativa di portare a compimento in soli 18 mesi la ristrutturazione dell’ipogeo, mettendo in sicurezza i cavi elettrici, installare un sistema di videosorveglianza, interrare le tubazioni di scarico e la realizzare una rete di distribuzione dei servizi, il metodo poco ortodosso dell’affidamento diretto continua a lasciare parecchie perplessità irrisolte.
A oggi infatti rimane sconosciuto il nome del responsabile del procedimento, l’artificio utilizzato per concedere a più ditte l’appalto dei lavori e quale sia il progetto da attuare. E non è solo un fatto di curiosità quello che fa prendere una posizione netta al vicepresidente della commissione Sanità Stefano De Lillo (Fi), c’è altro: «Il ricorso all’affidamento diretto a ditte private by-passando le normali procedure d’appalto sembra una forzatura: è difficile giustificarlo con l’emergenza vista la realtà del degrado in alcuni spazi interni dell’Umberto I: una realtà che non può essere comparsa d’incanto da un giorno.

Questa improvvisa fretta di affidare i lavori è poi paradossale rispetto al fatto che 114 milioni destinati alla ristrutturazione dell’intero ospedale giacciono inutilizzati». Sarà così, ma dopo il Policlinico, la Regione pensa già a ristrutturare il Regina Elena che da ieri è in carico all’Università e sul quale partirà un mega progetto di rilancio.

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