Sono arrivati. In centoquaranta. Milano non vedeva l’ora, così dicono. I delegati del Bie, al secolo il Bureau International des Expositions, fino a martedì cercheranno di capire perché mai questa città meriti l’organizzazione dalla Fiera, appunto Expo, del 2015. Devono capire se la meriti rispetto a Smirne, l’altra candidata. Il trentuno di marzo prossimo a Parigi verrà presa la decisione epocale. Nell’attesa meglio portarsi avanti con il lavoro e le pubbliche relazioni. Di certo Mastella ha mandato all’aria i preparativi di accoglienza. Il governo è saltato in aria, di Romano Prodi non si sente nemmeno il ronzio della bicicletta, gli altri, tipo D’Alema e Rutelli o la Bonino assumono facce di circostanza perché tengono famiglia, Letizia Moratti sindaco non può perdere la sfida con i turchi, chissà che cosa malignerebbero i cognati Massimo e Milly. I delegati fanno domande impertinenti: andate alle elezioni? Chi vincerà? Che cosa è il porcellum? Avete anche voi emergenza immondizia o immondizia soltanto? Non sapete chi sarà il nuovo premier ma già sapete quello che accadrà nel 2015?
Totale, come si dice e si scrive in casi simili: è vivo il fermento in città per un evento che tuttavia resta sconosciuto per il resto del Paese, partendo da Cinisello Balsamo e spingendo a sud, isole comprese. Expo, parliamone.
Il programma delle manifestazioni di queste quattro giornate di Milano sembra rientrare nel tabellone carnevalesco. Qualsiasi riferimento al carnevale cinese, da oggi per le strade meneghine, è puramente casuale. I delegati, dunque, sono stati accolti allo scalo Forlanini, Linate resiste al logorio dei voli moderni mentre Malpensa vive ore drammatiche, non soltanto le hanno tolto gli slot dell’Alitalia, adesso anche i tappeti rossi e i cotillons per l’arrivo degli ospiti stranieri, non si tratta così un hub.
Sei scintillanti autobus, con le insegne gloriose dell’Expo, hanno trasportato la comitiva dalla periferia est verso il centro. Per fortuna, essendo sabato, hanno evitato l’ecopass, sarebbe stato un buon aperitivo. Questo è stato servito, in calici e con l’oliva, all’hotel Principe di Savoia che, nonostante le beghe del casato, conserva pur sempre il fascino e il primato nel settore alberghiero repubblicano. Nemmeno il tempo di disfare le valigie e ai centoquaranta è stato suggerito di farsi un giretto nel quadrilatero, il centro chic milanese, i negozi dei migliori stilisti di moda. Grande schieramento di commessi, commesse e addetti al servizio d’ordine, tutto sotto controllo. Balle. La gita si è svolta quando era già sceso il buio, infatti attorno alle quattordici, proprio nel cuore del quadrilatero, via Verri angolo via Montenapoleone, un paio di galantuomini ha cercato di mandare in frantumi con una mazza da baseball la vetrina di una gioielleria, di fronte alla resistenza del vetro sono saltati in sella e se la sono svignata in moto.
Scampato il pericolo, per essere sicuri di non sbagliare negozio i delegati sono stati accompagnati da un personal shopper che li ha guidati negli acquisti. Da soli non ce l’avrebbero fatta, non tanto per la coda del sabato, visti i saldi e le occasioni da non perdere, ma perché le tentazioni sono mille e più di mille e poi non dovete trascurare un risvolto comico: i centoquaranta delegati hanno la facoltà e il privilegio di individuare le virtù di questa città ma rischiano di smarrirsi di fronte a un jeans o a una cravatta, dunque meglio proteggerli anche perché in giro c’è aria di contestazione. I soliti bastian contrari, quelli dei centri sociali, i disobbedienti, si sono organizzati con i messaggi su internet, un forum tira l’altro e così hanno allestito un presidio in piazzale Cadorna e una «pedalata irriverente», con fischietti, trombe e pentole. «Accorrete numerosi ciclomuniti» diceva la chiamata in irriverente italiano, perché se qualcuno si fosse presentato con gli sci sarebbe stato forse scimunito? Quando è venuta la sera ci hanno pensato i Cerea, superbi cuochi bergamaschi, a sfamare gli astanti nel cortile della Rocchetta al Castello Sforzesco con risotto alla parmigiana con guancialino di vitello, a seguito di una pièce teatrale dedicata all’utopia di sconfiggere la fame nel mondo. Nel dopocena sarebbe stata opportuna una passeggiata nel piazzale della Stazione centrale, per ammirare il popolo della notte meneghina.
La stessa notte ha portato consiglio, oggi ultima giornata di turismo e mondanità varie. Piatto ricco, ci si ficcano: dopo la colazione è prevista la visita alla Pinacoteca di Brera ma non è obbligatoria, di nuovo a tavola, a scelta o nella veranda del Principe, in senso buono, o sul lago a Cernobbio, Villa Erba, profumo di Luchino Visconti. Pomeriggio con due opzioni: visita alla Pinacoteca Ambrosiana o grande incontro di football a San Siro tra Inter ed Empoli, meglio di così solo Albino Leffe-Vicenza giocata ieri. Dimenticavo: c’è anche la gita in tram, lungo le vie del centro. Perché non provano a spingersi sui Navigli, viale Gorizia, per dire, o in XXV Aprile devastata da anni? Forse i centoquaranta potrebbero commentare, pur non trovandosi a Smirne, «mamma li turchi».
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