Rifiuti, i milanesi devono fare di più. «È un dovere» chiosa Maurizio Cadeo. Dati alla mano, il vicepresidente di Federambiente e assessore comunale, segnala che ogni cittadino produce 517 chilogrammi allanno e che «dal 1999 a oggi cè stato un aumento di 44 chili pro-capite». Trend che per Amsa, azienda di servizi ambientali, si traduce in 749.116 tonnellate allanno, di cui 41,7 per cento come raccolta differenziata.
«Tutto bene» osserva Cadeo, ma «cè un problema»: «Entro due anni è imposto dal decreto legge 152 del 2006 il raggiungimento della soglia del 60 per cento di raccolta differenziata. Milano però non conseguirà quellobiettivo. Perché? Anche se il trend della raccolta differenziata è in crescita, è impossibile matematicamente arrivare alla quota richiesta». Come dire: di più non si può fare, anche se, Milano, già oggi è la prima città italiana e seconda dEuropa per quantità e qualità di carta raccolta.
Unica soluzione, aggiunge il vicepresidente di Federambiente, è «la raccolta differenziata dellumido» come già accade in tuttEuropa. Raccolta che i milanesi sperimentarono quindici anni fa, «con risultati scarsi», e che stavolta, secondo previsioni, «avrebbe maggior successo». Certezza determinata da due aspetti: «Dalla migliore qualità dellumido che Amsa intercetta già ora per le grandi utenze e che rappresenta il 4,8 per cento della raccolta differenziata» e fatto non secondario, «quindici anni fa quellumido di pessima qualità finiva in discarica dopo aver alimentato linutile impianto dellex Maserati».
Dunque, la proposta di Palazzo Marino è la sperimentazione della raccolta degli scarti alimentari, «impegno per i milanesi che offrono un contributo importante nella separazione della carta dal vetro e dalla plastica». Ma, attenzione, limpegno futuro è a costo zero: «I costi della sperimentazione saranno assorbiti dallAmsa grazie alle sue sinergie perché questamministrazione non intende aumentare la Tarsu di un cent» dichiara Cadeo.
Nelle prossime settimane, lassessore si incontrerà con i vertici di Amsa per mettere a punto questa proposta che dovrebbe sperimentalmente interessare due quartieri: la zona uno e la zona due ovvero via Padova, «significative entrambe per rappresentatività e metodologia».
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