Politica

Riforma par condicio: l’Udc frena, ma An apre

Casini: «Non c’è l’esigenza di infarcire la tv con spot elettorali». Fini: «Disponibile a discutere le modifiche»

Fabrizio de Feo

da Roma

Nessuna volontà di forzare la mano. Nessun tentativo di alzare i toni e modificare le norme sulla propaganda politica in periodo elettorale senza il consenso di tutta la Cdl. Ma anche una convinzione, granitica, ribadita pubblicamente in ogni occasione utile e ripetuta agli alleati come un mantra. «I cittadini hanno il diritto di essere informati e oggi, nel periodo elettorale, non lo sono a sufficienza» sostiene Silvio Berlusconi. «La normativa attuale sulla par condicio è una legge ad personam contro di me. È ora di cambiare».
La volontà del premier, insomma, è limpida e va rafforzandosi ogni giorno di più, anche alla luce dell’ultima raffica di attacchi contro la sua persona, fatta esplodere durante Rockpolitik. Un affondo, quello di Adriano Celentano, che molti azzurri leggono come l’indizio rivelatore di una campagna di delegittimazione che sta per partire con intensità simile a quella del 2001. E che rafforza la necessità di innescare un’«offensiva morbida» con cui convincere gli alleati più riottosi ad accettare le modifiche.
Lo spettro delle varie posizioni dentro la Casa delle Libertà è in costante evoluzione. Il ritorno al proporzionale ha, infatti, convinto molti dirigenti del centrodestra a rafforzare il «brand» del proprio partito e del proprio simbolo elettorale. E gli spot televisivi hanno un’importanza strategica in questo senso. Non è un caso che Gianfranco Fini abbia sciolto proprio in queste ore le riserve in maniera definitiva affermando che «An è disponibile a discutere modifiche delle norme che regolano la propaganda in periodo elettorale». E che anche molti esponenti di Via della Scrofa, un tempo perplessi sulla modifica della par condicio, si siano schierati dalla sua parte.
A questo punto, visto che Forza Italia e Lega sono favorevoli all’abolizione dell’attuale normativa, resta da superare un unico scoglio: quello dell’Udc. Pier Ferdinando Casini, senza utilizzare toni da resa dei conti, ostenta freddedda sulle ipotesi di modifica. In una intervista a La Stampa, il presidente della Camera prima definisce la trasmissione di Celentano «un grande regalo al premier», poi conclude affermando di non vedere «l’esigenza di infarcire di spot la tv in vista delle elezioni. Per l’Udc che oltre alle preferenze non ci sia neppure la par condicio, equivale a non giocare la partita e stare in panchine». Un disco rosso che potrebbe, forse, mutare colore di fronte a un «ammorbidimento» della proposta originaria e a una liberalizzazione parziale degli spot. I segnali in questo senso sono positivi. Forza Italia vuole, infatti, riaprire il dibattito partendo dalla proposta «di mediazione» firmata dal responsabile Informazione di An, Alessio Butti. Un progetto di legge che prevede il 30 per cento di spot elettorali a prezzi di saldo ripartiti matematicamente tra tutte le forze politiche ammesse alla competizione elettorale e un 70 per cento da dividere tra i partiti, in base ai risultati conseguiti alle precedenti, omogenee consultazioni elettorali. «An ha preparato una bozza tecnica che è in evoluzione» dice Butti. «Quando Fini mi darà l’ok saremo pronti a discutere al tavolo tecnico.

La mia proposta esalta il proporzionale garantendo a tutti diritto di tribuna ma premiando i partiti più votati, come è giusto che sia in democrazia».

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