Una propaganda liquidatoria è all'opera sulla devoluzione prevista dalla riforma costituzionale. Se essa entrasse in vigore, si sostiene, alcuni fondamentali diritti - di cui attualmente tutti gli italiani beneficiano in modo uguale - verrebbero a dipendere dalle diseguali scelte e disponibilità finanziarie delle Regioni: così, ad esempio, il diritto alle cure sanitarie, o il diritto all'istruzione pubblica, non avrebbero i medesimi contenuti per chi vive in Lombardia e in Calabria. La creazione di polizie regionali, devolute in esclusiva a ciascuna Regione, produrrebbe un effetto caotico e controproducente nella tutela della sicurezza, sino a diventare un pericolo per lunità della Nazione. Nutrendo, addirittura, velleità secessioniste.
Uno sguardo al testo della riforma smentisce queste interessate affermazioni. Intanto, il progetto riporta un certo ordine nel caos dei rapporti tra Stato e Regioni, prodotto dalla sgangherata riforma costituzionale operata dall'Ulivo nel 2001. Il progetto di riforma ha infatti il merito di ricondurre al centro alcune competenze che era irragionevole lasciar gestire alle Regioni, come quelle relative all'energia, alle reti strategiche di trasporto, alla disciplina delle professioni. Inoltre reintroduce esplicitamente il concetto di interesse nazionale, e fornisce al Parlamento nazionale il potere di annullare le leggi regionali che possano pregiudicarlo. Si poteva far di più e di meglio, non c'è dubbio: ma non c'è dubbio sul fatto che, per questa parte, la riforma migliora i pasticci combinati dall'Ulivo.
In secondo luogo, il progetto attribuisce alla competenza legislativa esclusiva di ciascuna Regione quattro ambiti di materie: l'assistenza e l'organizzazione sanitaria, l'organizzazione scolastica (salva l'autonomia garantita alle istituzioni scolastiche), la definizione di parti di programmi scolastici e formativi di interesse regionale, la polizia amministrativa regionale e locale. Questa è la devoluzione in senso proprio.
Ebbene, anche qui ogni allarmismo è in mala fede. Competenza esclusiva in quelle quattro materie non significa affatto che ciascuna Regione possa decidere in totale autonomia. In tema di salute e sanità, il progetto consente alle Regioni di intervenire in un settore che esse già occupano saldamente da decenni. L'organizzazione sanitaria concerne le strutture sanitarie (come le Asl), ma non i livelli delle prestazioni sanitarie o il diritto di curarsi: questi temi sono saldamente posti dal progetto nelle mani del legislatore nazionale, che assicurerà (come già avviene ora) uguaglianza di trattamento su tutto il territorio nazionale.
In tema di organizzazione scolastica vale lo stesso discorso. Per i nostri figli, il percorso educativo e i contenuti essenziali dell'istruzione non saranno diversi da Regione a Regione. Le norme generali sull'istruzione competono al legislatore nazionale. Quanto più dettagliate saranno queste norme generali, tanto meno ampia sarà la possibilità per le Regioni di intervenire potendo al più ciascuna di esse inserire nei programmi nazionali limitati argomenti di interesse locale. Quelle sulle polizie locali sono infine le sciocchezze più grosse. Non cambierebbe nulla rispetto al passato. La polizia devoluta alle Regioni, che esse in realtà già gestiscono, è solo quella amministrativa, cioè quella che si occupa di prevenire e reprimere gli illeciti di natura amministrativa: le multe agli ambulanti, le autorizzazioni ai commercianti e così via.
Insomma: qualcuno è stato molto abile a falsificare la realtà, ma non è ancora troppo tardi per dire come stanno realmente le cose.
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