È cominciata negli uffici del Ris di Messina la perizia per esaminare le tracce biologiche e una serie di reperti acquisiti dagli investigatori (capelli, impronte digitali, peli) trovati nelle abitazioni e nelle auto di alcuni dei sette indagati nellinchiesta sui presunti abusi sessuali ai danni dei bambini della scuola materna «Olga Rovere» di Rignano Flaminio.
Per svolgere gli accertamenti, disposti in sede di incidente probatorio dal gip Elvira Tamburelli del tribunale di Tivoli il 31 maggio scorso, gli esperti avranno novanta giorni di tempo. Lo stesso gip ha nominato come suoi periti il capitano Carlo Giovanni Romano biologo, comandante della sezione di biologia del Ris di Messina, il maresciallo Salvatore Spitalieri biologo, il maresciallo Ignazio Ciuna biologo, il maresciallo Giuseppe Polimeni dattiloscopista per analizzare questi reperti.
Intanto mercoledì scorso si è tenuto un incontro allistituto di neuropsichiatria infantile dellUniversità La Sapienza, in via dei Sabelli, tra i periti delle parti (quelli nominati dal gip, dagli indagati e infine quelli scelti dalle parti offese) chiamati a svolgere la perizia sulla capacità a rendere dichiarazioni dei bambini che avrebbero subito gli abusi sessuali.
In particolare gli esperti hanno disposto un ciclo di incontri per ciascuno dei primi quattro bambini. Questa sarà la prima tappa dellaccertamento i cui esiti dovrebbero essere presentati dagli esperti al gip nel termine stabilito di 45 giorni, ossia nel corso delludienza già fissata per il 24 luglio prossimo. A quanto si è appreso, i genitori di ogni minore verranno ascoltati dal perito del gip, la dottoressa Angela Gigante che successivamente sentirà per due volte direttamente i piccoli. Infine è stato reso noto che si svolgerà una piccola riunione con papà, mamma e bambino, alla presenza del consulente. Gli altri esperti, oltre venti, saranno presenti agli incontri dietro uno specchio-vetro.
Intanto sulla questione di Rignano ieri il presidente di «Telefono Azzurro» Ernesto Caffo ha denunciato la «troppa pressione dei media sui bambini e sui personaggi che ruotano intorno alla vicenda». «Tutte le parti, a partire dagli avvocati, i consulenti, le famiglie - osserva Caffo - sono più attenti alla cultura mediatica che ai tempi del processo, inevitabilmente più lunghi. Credono che la battaglia per la giustizia avvenga al di fuori delle aule ma questo è molto negativo per i bambini che vengono messi sotto pressione. Sembra più una gara. La situazione non è governata e non è governabile. Dobbiamo cercare di far calare il silenzio su questa storia perché sia i bambini sia la comunità ricostruiscano relazioni positive».
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