Roma

Rignano: «No alle sentenze a furor di popolo»

Polemiche dopo la presa di posizione della Camera penale di Roma sugli arresti: «Non ci stiamo»

Pedofilia alla materna: veleni e polemiche fra avvocati. Se Rignano Flaminio è sempre divisa fra innocentisti e colpevolisti, è guerra aperta anche fra i legali delle vittime dei presunti abusi e violenze. Tanto che la Camera penale della capitale prende le distanze e sottolinea di non aver mai «adottato posizioni innocentiste». A dieci giorni dall’arresto delle tre maestre, della bidella, dell’autore tv marito di un’indagata e del benzinaio cingalese (accusati di associazione a delinquere, sequestro di persona, violenza sessuale di gruppo su minori di 10 anni) scoppia il caso fra i principi del foro.
Casus belli la nota diffusa dall’associazione degli avvocati romana in cui si rimarca il pericolo di una «giustizia a furor di popolo». «Prima di bruciare orchi o santificare vittime dell’ingiustizia - scrive la Camera penale - dovremmo discutere sull’uso della custodia cautelare in questo Paese, che non ha mai smesso di essere ciò che la Costituzione e i diritti universali dell’uomo vietano. Cioè strumento per raccogliere le prove che non si hanno, raggiungere verità che non si conoscono. Alle porte di Roma comitati di genitori sgomenti pronunciano sentenze, affermano certezze, esigono condanne, anticipano indignazione se l’esito del procedimento dovesse contraddire le attese. Non ci stiamo». La reazione non si fa attendere. Se l’avvocato Roberto Ruggiero, incaricato dal Comune di Rignano di difendere la cittadina, consiglia prudenza tanto nei giudizi quanto nelle manifestazioni innocentiste, i difensori delle presunte vittime annunciano azioni forti. «È anomala - dice l’avvocato Franco Merlino, legale di parte civile - la presa di posizione della Camera penale in un momento in cui il Tribunale della libertà deve valutare i fatti. Dimostra quanto sia difficile tutelare le persone offese». «Sottolineiamo - scrive Merlino assieme al collega Antonio Cardamone - i pericoli di strumentalizzazione ai quali si espongono le persone coinvolte in questa penosa vicenda». Merlino e Cardamone si domandano «da quali fonti la Camera penale ha appreso che non vi è alcun esito all’attività investigativa? La domanda («era davvero necessario arrestare i presunti orchi?») trova una risposta solo nelle carte processuali di cui non crediamo dispongano né la Camera penale, né i cittadini». Un contraddittorio al cianuro che si conclude con «Nessuno tocchi Caino ma qualcuno si preoccupi di tutelare Abele». E al rifiuto di affissione dello stesso documento nella bacheca di piazzale Clodio la bagarre diventa scontro durissimo, culminato nelle dimissioni di Merlino dalla Camera penale. Parole dure anche da parte di Mario Campanella, autore insieme con don Fortunato di Noto di un libro sulle vittime della pedofilia: «Ho rispetto per la magistratura - dice il giornalista - e anche per gli indagati fino a quando non verrà provata la colpevolezza, ma mi vergogno di appartenere a un Paese in cui la Camera penale si schiera aprioristicamente con persone che si trovano in carcere accusate di pedofilia, senza sapere nulla delle carte». A gettare acqua sul fuoco Gian Domenico Caiazza, presidente della Camera penale di Roma, che precisa: «Nessuna posizione innocentista. Intendevamo affermare che non si fanno processi in piazza».

A Rebibbia, intanto, non si placano gli animi dei carcerati, che durante la fiaccolata di solidarietà hanno gridato «pedofili» contro i manifestanti: «Ce fate pure la manifestazione».

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