Rimpatriati grazie allo scudo fiscale i capitali il 45% andrà in super dimore e partecipazioni

La crisi dei mercati finanziari scoppiata nel 2008 ha aumentato l’avversione al rischio da parte degli investitori, Soprattutto quelli con patrimoni elevati che, non avendo l’obiettivo primario di accrescere il capitale ma di difenderne il valore nel tempo, ritengono ora prioritario porre al primo posto la solidità degli investimenti in portafoglio. In tutti i casi, se l’evoluzione delle esigenze della clientela può assumere diverse chiavi di lettura, nell’ambito del private banking trova posto una sola risposta giustificata ed efficace: quella in cui le banche creino in concreto le condizioni per una più stretta relazione con il cliente, ispirata nel segno della chiarezza e della trasparenza. Un obiettivo conseguibile solo tramite un approccio relazionale e una filosofia finalizzati a migliorare la qualità del servizio offerto: ogni occasione in cui il cliente interagisce con la banca ne valuta gli standard qualitativi sia sul piano della capacità di ascolto che su quello delle risposte e delle soluzioni proposte.
Una tendenza che non può tuttavia prescindere da un evento di fondamentale rilevanza per il mercato: lo Scudo fiscale ter per il quale si parla di un rimpatrio tra i 70 e i 100 miliardi di euro. Gli esperti stimano che il 39,5% sarà veicolato tramite il settore private di istituti di credito italiani, il 19,8% da banche private estere, il 14% da boutique specializzate nel servizio di private banking, l’11,6% dalle reti di promotori finanziari e il restante 15,1% da tutti gli altri soggetti (fiduciarie, consulenti indipendenti, studi professionali, strutture di family office). In base alle indicazioni raccolte nei quartieri generali delle banche i clienti propenderebbero per mantenere la distribuzione esistente per asset class (azioni, bond, liquidità, immobili e altro).
Tuttavia è emersa una tendenza generale ad attivarsi in due tempi: in una prima fase riuscire ad adempiere agli obblighi necessari a portare a termine lo scudo in modo efficace ed efficiente; quindi, una volta chiusa con successo questa prima fase, progettare al meglio l’allocazione dei capitali esistenti e rimpatriati. Ma dove andranno questi flussi una volta regolarizzato il rimpatrio dei capitali? In base alle indicazioni degli esperti del settore private banking, una percentuale importante, e cioè il 40-45% dovrebbe essere destinato agli immobili e alle partecipazioni societarie. In particolare, a parte gli edifici destinati ad ospitare le sedi aziendali, i clienti sono interessati agli immobili di pregio o di lusso. Preferite, soprattutto, le unità architettonicamente rilevanti, uniche e irripetibili, possibilmente situate nei centri storici: caratteristiche che consentono di difendersi meglio nelle fasi di rallentamento del mercato e di catturare al meglio le fasi di recupero.

Quella tipologia di immobili che non è immune dal calo del mercato: se ci si trovasse in questa fase a essere costretti a vendere si potrebbe andare incontro a incassi inferiori a quelli stimati. Ma è la classe di immobili che riesce comunque a contenere la flessione delle quotazioni e, non appena si rimette in moto l’economia, è in grado di innestare una marcia in più rispetto alla media di mercato.

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