Rimpatriato lo 007 del Sismi ferito in Afghanistan

Trasferito a Roma l’agente segreto che versa in pericolo di vita. Smentita la teoria del "fuoco amico" durante il blitz di lunedì. I sequestratori avrebbero sparato mentre tentavano la fuga sull’auto con gli ostaggi. Il secondo collaboratore afghano avrebbe tradito i nostri militari

Rimpatriato lo 007 del Sismi ferito in Afghanistan

È atterrato ieri sera alle 19 all’aeroporto romano di Ciampino l’aereo Falcon attrezzato ad ambulanza proveniente dall’Afghanistan con a bordo l’agente del servizio segreto militare italiano rimasto gravemente ferito durante il blitz di lunedì scorso per liberare lui, un suo collega e un collaboratore afghano feriti dai loro rapitori. In attesa nello scalo c’era un’ambulanza, che un quarto d’ora più tardi ha lasciato l’aeroporto utilizzando un’uscita secondaria diretta all’ospedale militare del Celio, dove è arrivata poco prima delle 20.
Il militare riportato in Italia è, come già si sapeva, in condizioni di salute molto gravi, tenuto in vita da un respiratore artificiale. La sua identità - nel rispetto della volontà della famiglia - non è stata resa nota dal ministero della Difesa, ma il quotidiano napoletano Il Mattino scrive che si tratta di un ufficiale poco più che trentenne, sposato e con tre figli, nato a Modena e residente in Campania, e che il suo cognome sarebbe D’Auria. Altre indiscrezioni fissano l’età a 33 anni e il luogo d’origine nella cittadina di Gragnano. Secondo il Mattino, per l’agente non vi sarebbero speranze di recupero: facendo riferimento a fonti militari, il giornale scrive che i danni provocati dalle ferite alla testa sono irreversibili.
Il secondo agente del Sismi liberato in Afghanistan, un uomo di cinquant’anni che secondo il Mattino avrebbe anche lui origini campane, è stato ferito meno gravemente a una spalla e alla clavicola. Il suo rientro in patria avverrà successivamente, probabilmente già oggi, a bordo di un secondo aereo. Con lui viaggerà anche il collaboratore afghano rimasto ferito leggermente a una gamba lunedì scorso: certamente sarà interrogato per acquisire elementi utili alla comprensione della vicenda del sequestro.
Per il momento - come ha detto ieri un portavoce dell’Isaf, la missione internazionale di stabilizzazione dell’Afghanistan a cui partecipa anche l’Italia - sembra quasi sicuro che l’ipotesi di «fuoco amico» fatta in un primo momento sia da escludersi. I due militari italiani e l’afghano che era con loro non sarebbero dunque stati colpiti dalle forze speciali britanniche che hanno preso parte all’operazione di salvataggio, bensì dai loro sequestratori che «si sono rivolti ai veicoli nei quali erano rinchiusi e mentre cercavano di scappare hanno sparato agli ostaggi». Il portavoce dell’Isaf ha comunque detto che si sta formando una commissione per determinare le circostanze dell’accaduto e ha avvertito che «ci vorrà tempo per capire com’è andata». Ha poi aggiunto che «esistono prove che i rapitori erano talebani».
Ieri pomeriggio a Roma il ministro della Difesa Arturo Parisi ha preso la parola in Commissione Difesa del Senato, confermando che le persone liberate nel blitz di lunedì sono in tutto tre e non quattro come era stato detto in un primo momento: non è stata dunque confermata la presenza di un secondo afghano insieme con i due agenti segreti italiani. Parisi ha precisato che al momento della liberazione gli ostaggi erano bendati e ammanettati nel bagagliaio di una delle due auto usate dai sequestratori. Il ministro ha inoltre aggiunto che i rapitori rimasti uccisi nell’azione di lunedì sono in tutto otto e non nove come egli stesso aveva invece riferito alla Camera lunedì pomeriggio.
Questi elementi portano a sospettare che proprio il secondo accompagnatore afghano sia stato colui che ha tradito gli italiani, consegnando il gruppo nelle mani dei talebani. Lo stesso portavoce dell’Isaf ha dichiarato che sul secondo afghano, inizialmente considerato uno dei rapiti e conteggiato tra gli uccisi, non è stata ancora fatta chiarezza.


Nel corso della sua relazione in Senato, il ministro Parisi ha più volte fatto riferimento alle caratteristiche umanitarie della missione italiana in Afghanistan, e questo ha fornito lo spunto per un’accesa polemica con il senatore Turigliatto, noto «dissidente» di area comunista. Turigliatto ha detto che «le bugie di Parisi fanno venire i brividi» e Parisi ha rispedito al mittente le accuse, ennesimo esempio di armonia a sinistra.

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