Risanamento, i pm bocciano il piano di salvataggio. È scontro

Milano Il parere della Procura di Milano sul piano per salvare Risanamento verrà ufficialmente reso noto questa mattina nell’udienza davanti al tribunale fallimentare. Ma è sufficiente un lancio dell’Ansa, che anticipa la bocciatura del piano da parte dei pm, per determinare un tonfo all’ingiù del titolo del gruppo immobiliare (meno 13,98% in Borsa, a 48 cent). E per costringere Corrado Passera - ad di Intesa Sanpaolo, una delle banche più esposte nel tentativo di salvataggio - a ribadire la fiducia nella bontà del piano e nella decisione finale dei giudici.
Da dove nascono le perplessità della Procura, e cosa accadrà oggi? L’ultima risposta è la più semplice: non accadrà niente, il giudice Perrotti si troverà di fronte un parterre legale folto e agguerrito, e si limiterà a sentire le opinioni di tutti, rinviando la decisione a ottobre. Ma è evidente che ormai lo scontro si è fatto molto aspro. I legali di Risanamento oggi ribadiranno ufficialmente la loro richiesta di azzittire la Procura: il solo fatto che un piano sia stato presentato, sostengono, azzera la richiesta di fallimento avanzata dai pm Laura Pedio e Roberto Pellicano. Gli unici autorizzati a dire la loro sul piano, secondo Risanamento, sarebbero ora i creditori del gruppo, che hanno tempo ancora una ventina di giorni per avanzare contestazioni: finora, nei dodici giorni già trascorsi dal deposito del piano, nessuno si è fatto avanti per opporsi alla sua approvazione.
L’unico ostacolo sulla strada del nuovo board di Risanamento sembra insomma essere la Procura. Per quello che se ne è capito finora, la memoria depositata dai due pm è composta di due parti: una tutta procedurale, in cui in sostanza la Procura difende il suo buon diritto a continuare a interloquire sul «caso Risanamento». E una seconda in cui, riprendendo il parere dei loro consulenti, e riservandosi un parere più preciso alla fine dell’esame del complesso piano, i pubblici ministeri avanzano già un giudizio di massima: il piano non sta in piedi perché si occupa di salvare solo sei delle venti società del gruppo, e perché non dà nessuna garanzia di continuità sostanziale. Il timore dei pm è che invece che a un salvataggio si vada, di fatto, a una liquidazione, guidata da quelle stesse banche che - nella ricostruzione dei pm - sono profondamente corresponsabili del dissesto. Se liquidazione deve essere, dice la Procura, allora si seguano procedure e garanzie fissate dalla legge.

La verità è che si tratta del primo vero caso di questo tipo, un test inedito per le nuove normative e per gli equilibri che esse disegnano tra controllo giudiziario e autonomia delle imprese. Comunque vada a finire, l’affaire Risanamento farà scuola.

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