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Rischi-opa e nuove divisioni: la difficile eredità di Mussari

Roma«Ho sempre operato con trasparenza e senza pregiudizi garantendo l’unità del sistema». Il presidente dell’Abi, Corrado Faissola, alla vigilia dell’ultima assemblea alla guida dell’associazione bancaria ha tracciato un bilancio del suo mandato.
Da oggi il testimone passerà nelle mani del numero uno di Mps, Giuseppe Mussari. E proprio quell’unità del sistema alla quale ha accennato il predecessore sarà il punto di partenza da salvaguardare. Perché l’unanimità che ha portato alla designazione del manager di Rocca Salimbeni potrebbe rivelarsi solo un fattore temporaneo considerate le spinte centrifughe che pervadono il sistema finanziario italiano.
A partire da quelle politiche. «Le spinte a dividere non erano dentro l’associazione ma all’esterno», ha rilevato ieri Faissola sottolineando che «all’interno è stata mantenuta una compattezza di cui sono orgoglioso perché non ci sono state polemiche, se non marginali, tra banche piccole e grandi». Un riferimento neanche troppo velato al ministro dell’Economia Giulio Tremonti che, soprattutto nella fase iniziale del proprio mandato, ha privilegiato l’asse localistico con il mondo del credito cooperativo. Mussari, abituato alla conciliazione di interessi in apparenza contrapposti all’interno del piccolo milieu senese, dovrà evitare strappi e tensioni.
Un primo banco di prova potrebbe essere rappresentato proprio dalla proposta lanciata dall’ad di Unicredit, Alessandro Profumo, favorevole alla creazione di un maxifondo da 20 miliardi finanziato dalle stesse banche e da impiegare per i salvataggi di istituti in difficoltà. «Il direttivo dell’Abi - ha detto ieri Faissola - non ha ancora valutato ma la costituzione di strumenti per attenuare gli impatti di crisi future deve essere approfondita in un quadro di regole precise che ancora non ci sono». L’estrema cautela del presidente uscente fa trasparire la perplessità di parti importanti del sistema bancario su questa forma di «assicurazione» mutualistica.
Tra i dossier che giungeranno nelle mani di Mussari, tuttavia, ci sarà pure il «grande rimpianto» della presidenza Faissola, ovvero il non essere riuscito a spuntare un regime fiscale favorevole. L’indeducibilità delle perdite su crediti penalizza il modello bancario italiano centrato in maggioranza su prestiti a famiglie e imprese e marginalmente sugli attivi finanziari.

Nonostante la «fiducia» sull’esito degli stress test, lo scenario non è incoraggiante: il basso livello dei tassi, il livello record delle sofferenze e l’elevato costo del lavoro (con un contratto da rinnovare a breve) «incideranno in tempi lunghi sulla sostenibilità del business delle banche che potrebbero diventare oggetto di takeover a prezzi di saldo». La prima spina nel fianco di Faissola potrebbe essere questa.

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