Il rischio di deriva integralista

Non ci sono dubbi che la decisione del governo di annullare la delibera del Comune di Genova, che dava diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali e circoscrizionali agli stranieri extracomunitari legalmente soggiornanti in Italia abbia solide fondamenta giuridiche: l'articolo 48 della Costituzione riserva questo diritto ai soli cittadini italiani e il 117 stabilisce la competenza esclusiva dello Stato in materia di condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione. Altrettanto evidente è che lasciare ai Comuni la discrezionalità su questa materia avrebbe creato inammissibili disparità di trattamento per i cittadini extracomunitari a seconda del loro luogo di residenza, con ripercussioni negative proprio su quel processo di integrazione che la concessione del diritto di voto amministrativo dovrebbe perseguire.
Ma, se l'intervento del Consiglio dei ministri è servito a fermare una deriva che in breve avrebbe portato, in quasi tutte le città italiane governate dal centrosinistra, a una situazione di illegittimità rasentante l'anarchia, non basterà certo a mettere fine al dibattito. I fautori della concessione del voto amministrativo agli extracomunitari con almeno cinque anni di residenza possono infatti portare molti altri argomenti a loro favore: dalla convenzione di Strasburgo del 1992 (peraltro ratificata solo parzialmente dall'Italia) a una serie di risoluzioni del Parlamento europeo, dalle tendenze prevalenti negli altri Stati dell'Unione a una abbastanza diffusa interpretazione estensiva degli articoli 2, 11, 114 e 117 della stessa Costituzione, da un Testo Unico del 2000 che prescrive ai Comuni di «promuovere forme di partecipazione alla vita politica locale degli stranieri regolarmente soggiornanti» a considerazioni sull'opportunità di coinvolgere gli immigrati in decisioni che spesso li riguardano direttamente.
Come spesso accade in Italia, cioè, le norme sono passibili di una lettura «di destra» e una lettura «di sinistra», con il risultato che, per risolvere il problema, sarà indispensabile procedere a un nuovo intervento legislativo: di natura costituzionale secondo alcuni, di natura ordinaria secondo altri. Ma una cosa è certa: nonostante l'esistenza di una serie di disegni di legge sulla materia (compreso uno di An che recepisce, sia pure in maniera molto restrittiva rispetto a quelli dell'Unione, il diritto al voto amministrativo degli extracomunitari), per questa legislatura non se ne parla. Genova e gli altri Comuni che volevano procedere di propria iniziativa dovranno pertanto fare marcia indietro.
Questo rinvio consente un ulteriore periodo di riflessione sulla opportunità di una riforma che, soprattutto nei Comuni con grandi concentrazioni di immigrati, porterebbe con il tempo a situazioni inedite: partiti islamici che diventano l'ago della bilancia tra centrodestra e centrosinistra, nascita di formazioni etniche che condizionerebbero il proprio appoggio alla soddisfazione delle proprie richieste, dispendiosa corsa dei partiti tradizionali a ottenere i favori delle varie comunità a suon di concessioni. Può essere che la concessione dell'elettorato attivo e passivo favorirebbe quell'Islam moderato di cui abbiamo bisogno per arginare il terrorismo; ma può anche darsi il contrario, con la conseguenza di dare legittimazione democratica a posizioni estremiste.
Certamente si darebbe voce a comunità con una doppia lealtà, verso la città in cui risiedono ma anche verso la propria etnia: e, almeno a giudicare dai segnali percepibili, la seconda potrebbe spesso prevalere sulla prima.
Il centrosinistra italiano ama le fughe in avanti che giudica «politicamente corrette» e la battaglia del sindaco di Genova rientra in questa categoria. Ma qui siamo di fronte a una materia con cui non si può scherzare, e su cui, se anche la riforma si rivelasse imprudente e sbagliata, non si potrebbe più fare marcia indietro.

Teniamo piuttosto conto del fatto che le aperture compiute da vari altri Paesi del Nord non hanno dato buoni risultati sul piano dell'integrazione, che i casi di partecipazione al terrorismo di cittadini europei devono offrire anche su questo tema materia di riflessione e che, al momento, la concessione del voto favorirebbe più qualche aspirante capopopolo che la vasta comunità degli stranieri che sono qui a guadagnarsi la vita, ma che dei problemi della Scala o della Sea non sanno nulla.

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