A rischio la riforma dell’università Mancano i soldi per i ricercatori

RomaL’accordo politico con i finiani anche se appeso a un filo era stato trovato. I soldi, per il momento, no. La riforma dell’Università si infrange contro scoglio più duro, quello finanziario e rischia di restare arenata lì a lungo. Il Tesoro ha bocciato l’emendamento sull’assunzione di 9.000 ricercatori, bloccando così il via libera atteso dalla commissione Bilancio. La discussione in aula del ddl slitta dunque a dopo la sessione di bilancio, presumibilmente per la fine di novembre. La relatrice del provvedimento, Paola Frassinetti, spiega che si è deciso di non avviare neppure il dibattito sul ddl in aula senza la copertura. E comunque sottolinea che non è stato possibile calendarizzare il ddl parallelamente alla discussione della manovra perché non c’era il via libera del Pd, in questi casi indispensabile.
È la fine della riforma? Il ritardo è grave ma non irreparabile e il governo non intende mollare. Subito dopo il no della Ragioneria di Stato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha incontrato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Tra i temi trattati anche quello della riforma degli Atenei. Il premier ha ribadito che si tratta di una priorità assoluta per il governo, annunciata nel programma elettorale e dunque inderogabile. E su questo fronte il Pdl ha anche l’appoggio della Lega. Umberto Bossi infatti ha liquidato lo slittamento della riforma con una battuta. «O diamo i soldi all’Università o alle bombe per gli aerei in Afghanistan», aveva detto il leader della Lega. «Meglio alla ricerca», era intervenuta Paola Goisis che aveva incassato l’assenso di Bossi.
Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, è intenzionata a non mollare e ritiene di riuscire comunque varare la riforma per i primi di dicembre. La questione da risolvere è la copertura dell’emendamento sull’assunzione dei ricercatori per il quale c’era una previsione di spesa di 1,7 miliardi nel corso di sei anni e altri 480 a partire dal 2017. Finanziamenti sui quali il Tesoro ha posto un veto perché comprometterebbero la tenuta dei conti dello Stato. Peccato però che proprio l’assunzione dei precari sia la condizio sine qua non posta dal gruppo Futuro e Libertà per appoggiare il ddl.
Insomma il ddl si è infilato in un cul de sac: se non si toglie l’emendamento non si può discutere in aula perché non c’è la copertura. Senza emendamento però non ci sarebbe l’appoggio di Futuro e Libertà. Dunque in una riunione (che alcune indiscrezioni definiscono molto tesa) con Gelmini, Tremonti, il presidente della Commissione Cultura, Valentina Aprea e la relatrice Frassinetti è stato deciso di mettere il ddl in stand by cercando di trovare una soluzione per i ricercatori in un’altro provvedimento. «Abbiamo deciso di attendere il termine della sessione di Bilancio e la determinazione da parte del governo dei fondi del Milleproroghe per ottenere tutto quanto è stato concordato in Commissione», spiega la Aprea.
La Gelmini, dunque, spera di veder risolta la questione dei ricercatori nella sessione di bilancio. «La riforma ha l’ambizione di rilanciare l’Università italiana -dice il minisitro- Il governo ha fatto la sua parte. Ora tocca al Parlamento approvarla e all’Economia valutarne la copertura».
Se studenti e ricercatori erano già pronti a manifestare davanti a Montecitorio quando fosse iniziata la discussione lo slittamento desta invece grande preoccupazione nel mondo accademico che attende la riforma.

La Conferenza dei Rettori, Crui, esprime «vivo allarme» per il rinvio che rappresenta «una grave battuta d’arresto, che verrà inevitabilmente utilizzata da quanti hanno osteggiato e osteggeranno il processo riformatore».
E infatti il Pd ha immediatamente espresso grande soddisfazione per il rinvio.

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