Riscopriamo l’autorità (purché non sia arbitrio)

È giunta l’ora di recuperare il senso dell’autorità. Autorità che non è esercizio di intolleranza e di prevaricazioni. Autorità significa «aiutare a crescere» e costituisce una funzione indispensabile nella articolazione complessiva dei rapporti interpersonali.
L’autorità anche civile si giustifica non solo per la competenza nella guida delle cose pubbliche, ma anche per la prudenza e l’equità di chi la esercita. Il che è quanto dire che non può esercitare il potere di comandare chi non è capace e non è orientato a obbedire. Di solito si afferma che l’autorità è in qualche modo un servire. I cittadini non solo hanno l’obbligo di obbedire, ma anche il diritto di essere comandati con saggezza e rispetto delle persone. Questa precisazione rimanda all’obbligo dell’osservanza di quella che si è soliti chiamare la «legge naturale», che ha origine dalla struttura fondamentale dell’uomo e dalla creazione di Dio.
Il diritto e talvolta il dovere di fare le giuste rimostranze contro chi comanda ingiustamente deriva dal diritto che l’uomo sia rispettato e promosso alla pienezza della sua dignità. «Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire, anche a contrastare, le prescrizioni dell’autorità civile, quando tali comandi entrano in conflitto con la legge morale, con i diritti fondamentali delle persone o con gli insegnamenti del Vangelo» è scritto nel Catechismo della Chiesa cattolica. Addirittura, anzi, entro certi limiti e con precise riserve, ci si può chiedere se sia lecito ricorrere alle armi. A determinate condizioni: in casi di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali; dopo che si siano tentate tutte le altre vie; senza che si provochino disordini peggiori; qualora vi sia una fondata speranza di successo; se non è possibile intravedere ragionevolmente soluzioni migliori (dal Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2243). Il ricorso alle armi si fonda su una plausibilità assai remota, stanti le circostanze che giustificano l’intervento. Non si dimentichi che per la Chiesa cattolica questo mondo non è il migliore dei mondi possibili. Perciò non si può stravolgere la legge naturale, come quando, a esempio, si dichiara che la democrazia è sopra ogni valore: l’obbedienza assoluta la si deve a Dio, non alla maggioranza dei cittadini. Detto diversamente: la democrazia non può diventare un nuovo Dio, una nuova natura.
Risulta ovvio che una simile visione delle cose ha una vera consistenza quando alla base dell’uomo e dell’umanità sta l’opera del Creatore. Non si obietti, perciò, che il cattolicesimo e l’ordine creaturale siano contro la struttura fondamentale dell’uomo e della convivenza anche civile. Si capisce così perché la Chiesa richiama continuamente il fine di tutto e di tutti: dare giudizi «che riguardano l’ordine politico quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime» (Gaudium et spes, n.

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