"Riscopro i Napoletani per omaggiare Mozart"

Il Maestro Riccardo Muti dirige stasera a Ravenna le Betulia liberata di Jommelli e del compositore austriaco: "Così vado alle fonti dell'opera europea"

"Riscopro i Napoletani per omaggiare Mozart"

Ravenna - Con il maestro Riccardo Muti si entra subito in «quel che conta». Che per lui è la musica. Alla diffusa pigrizia della programmazione Muti risponde con i fatti, dedicandosi alla riscoperta di alcuni lavori operistici o sinfonico-corali della grande scuola napoletana. Ora è la volta dell’azione sacra di Wolfgang A. Mozart e dell’oratorio di Niccolò Jommelli, entrambi basati sul testo di Pietro Metastasio. Le due Betulia liberata, presentate con gran successo al Festival di Pentecoste di Salisburgo, giungono in Italia, al Ravenna Festival. «Questo quinquennio ideato dal sovrintendente di Salisburgo Jurgen Flimm - spiega il Maestro - si concluderà l’anno prossimo con un’opera comica di Saverio Mercadante, Li due Figari, su libretto di Felice Romani. La porteremo anche a Madrid nel 2012, su espresso invito di Gérard Mortier».

Corsi e ricorsi storici di vichiana memoria. Quest’anno accanto al napoletano Jommelli compare il salisburghese Mozart.
«Per sottolineare, volutamente, i debiti che il giovane Mozart ha verso la scuola napoletana. Sarebbe stato ugualmente il Genio che la Natura ha creato, ma diverso senza il contatto con la scuola napoletana. L’aver contrapposto la Betulia liberata di Mozart a quella di Jommelli vuole indicare non solo le diversità ma soprattutto i punti di contatto. Il sovrintendente Flimm, dopo aver sentito Il ritorno di Calandrino di Cimarosa, mi disse: “Adesso capisco che Mozart non è piovuto dal cielo”».

Giudizio pertinente e molto bello, provenendo da chi regge le sorti di Salisburgo.
«Mozart incontrò Jommelli che stava approntando la quarta versione della sua opera Demofoonte, e rimase così impressionato da scrivere alcune arie sullo stesso testo, in segno di ammirazione».

Un patrimonio quello del Settecento napoletano che a lungo è stato offuscato dal melodramma ottocentesco.
«Il trionfo dell’opera popolare verdiana ha eliminato queste radici, fondamentali per la musica non solo italiana ma europea. La dimensione delle arie di Jommelli e l’uso del coro - parco e molto suggestivo - sono elementi illuminanti di un ingegno musicale che, pur non possedendo la genialità di Mozart, ebbe un influsso determinante nella musica del suo tempo».

Mozart è incomparabile, unico.
«È una dimostrazione dell’esistenza di Dio: è venuto in terra a miracol mostrare. Nella sua Betulia colpisce non solo la qualità e la bellezza delle arie, ma l’uso del coro analogo a Jommelli, il senso nuovo, eppur antico, dell’armonia, la padronanza della lingua italiana. C’è un grande recitativo “secco” che apre il secondo atto in cui i due personaggi dissertano sull’essenza di Dio. Un testo che sembra uscito da San Tommaso o Sant’Agostino. Stupefacente che un ragazzo di quindici anni della piccola Salisburgo possedesse tanta dottrina teologica».

È anche incredibile constatare che la musica di Mozart è un tutt’uno con la parola.
«Impressiona l’aderenza della musica alla parola, e tutti i riferimenti strumentali che la giustificano. Questa essenzialità è tipicamente italiana e in Verdi troverà l’apoteosi. Con poco comporre tutto».

Maestro, parli dei giovani bravissimi esecutori.
«I ragazzi dell’Orchestra Cherubini hanno avuto un grande successo a Salisburgo. E non era facile suonare dove di solito ci sono i Wiener Philharmoniker. Con la loro freschezza hanno portato una luce e una consapevolezza che ben si addice a quest’opera giovanile di Mozart. Loro sono il futuro della musica. Dopo i tre anni con noi, molti hanno trovato impiego in orchestre anche straniere. L’entusiasmo è commovente, la loro forza è l’assoluta fiducia nella musica».

Varchiamo l’oceano. Mi parli del suo importante incarico con la meravigliosa Chicago Symphony.
«A settembre inizio il mio periodo ufficiale con questo formidabile organismo, con cui ho fatto una tournée recentemente.

Sono felice di avere ricevuto decine di lettere individuali dei professori dell’orchestra americana che mi ringraziavano dell’esperienza musicale, artistica e umana».

Finora abbiamo parlato di musica. Stasera la ascolteremo come meglio non potremmo.

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