La riscossa di Ronaldinho è la vittoria di Berlusconi

Il ministro La Russa: "Dicevano che Silvio voleva solo risparmiare...". Maradona: "Uno dei più grandi calciatori che abbia mai visto". Galliani: "Gioca con continuità, ha cambiato stile di vita e ha un tecnico che può dirgli di tutto"

La riscossa di Ronaldinho 
è la vittoria di Berlusconi

Adesso che Diego Armando Maradona si è inchinato dinanzi al talento di Ronaldinho, può cominciare, con qualche attendibilità critica, il processo di revisione storica sul conto del brasiliano. Il giudizio di Maradona è anche una stilettata per Dunga e una bacchettata per i tanti critici made in Italy che lo avevano iscritto, d’ufficio, nella lista degli ex. «Non capirò mai certe critiche nei suoi confronti. Io seguo sempre le partite del Milan e per me c’è solo Ronaldinho. È uno dei più grandi calciatori che io abbia mai visto giocare, e spero di vederlo in azione qui in Sudafrica. Ma se anche ciò non accadesse, io continuerei a considerarlo uno dei migliori di tutti i tempi» la laurea consegnata durante la visita all’università che accoglierà la sua nazionale per i mondiali.
Per rendere più credibile la riflessione sul Ronaldinho recuperato, è il caso di riflettere sulle tre condizioni citate da Adriano Galliani, amico fraterno di Ancelotti, «nelle mie parole non c’è alcuna malizia» è la premessa del vice-Berlusconi. Fino a Roma, prima sfida del 2009, Ronaldinho, giocando in modo continuo, ha avuto lo stesso rendimento attuale: 7 gol e una bella striscia di assist. Ve lo ricordate nel derby d’andata del campionato scorso? Saltò più in alto di Cambiasso e decise il destino della sfida spingendo in un cono d’ombre Kakà. Quindi il Ronaldinho promettente di fine 2008 diventa un oggetto misterioso dalla notte di Roma-Milan (gennaio 2009, 2 a 2, doppietta di Pato): da quel giorno non è più titolare e comincia un’altra storia. Quali sono allora i tre segreti citati da Galliani? Elementari: «Primo: gioca con continuità; secondo: giocando con continuità è felice e ha uno stile di vita conforme alla sua attività; terzo: ha un allenatore che può dirgli, in privato, di tutto». Con Ancelotti andò diversamente: rimase fuori, cominciò a deprimersi, si allenò senza voglia, cambiò stile di vita e si avvitò.
Giocare sempre, nel ruolo preferito, avere un allenatore che è innanzitutto un amico dal quale farsi coccolare o farsi strattonare a seconda dei casi, è un bel vantaggio. Ma poi c’è il resto: non il talento balistico, quello bastava lucidarlo per farlo luccicare nuovamente. È la fiducia collettiva che ha cambiato la vita nel Milan a Ronaldinho. E la fiducia è arrivata dal numero uno del club, Silvio Berlusconi. Il quale arrivò al punto di apparecchiare la cerimonia del giuramento pur di coinvolgere, emotivamente, l’interessato oltre che il gruppo dei rossoneri, scettico come la stragrande maggioranza dei critici. Non dura, non può durare furono i pronostici unanimi. Per dimenticare le cassandre all’arrembaggio del Milan appena fu perfezionato il trasferimento di Kakà al Real Madrid: chiedevano di non iscrivere la squadra ai tornei.
Il riconoscimento pubblico nei confronti di Silvio Berlusconi è arrivato nella settimana del derby da un interista doc, Ignazio La Russa, ministro della Difesa. «Questa cosa di far salire Ronaldinho sulla sedia quando nessuno ci credeva e dire che sarebbe stato il trascinatore di un grande Milan, mentre tutti pensavano che serviva solo per risparmiare su Kakà, dimostra che Berlusconi è uno che di calcio ne capisce e nessuno lo può mettere in dubbio» la dichiarazione di La Russa col codicillo «ma nonostante questo lo batteremo» a uso e consumo del popolo interista.

La verità arriva alla fine. «Ho una paura terribile in vista del derby e so che fino all’ultima domenica questo Milan può contendere lo scudetto all’Inter. Se poi lui vincesse il tricolore e noi la Champions, saremmo felici in due».

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