Diego Della Valle è un signore marchigiano di 57 anni, proprietario della Tod’s, azienda di famiglia che negli ultimi 10 anni è passata da 320 a 750 milioni di fatturato, che da qualche giorno fa parlare di sé per motivi diversi. E cioè perché ha accusato i due mostri sacri della finanza italiana, i presidenti di Generali e di Intesa, Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, di decidere tra loro le sorti delle partite del capitalismo nostrano senza condividerle con gli altri azionisti. Determinando equilibri finanziari non per motivi economici, ma per logiche di potere. E per di più ha definito i due come «vecchietti arzilli». Ed è successo un putiferio. Anche se nessuno ha visto gente per la strada, manifestazioni, disordini. Però di putiferio si tratta, benché paludato nelle stanze dei «poteri forti». Vale a dire quell’intreccio di partecipazioni che lega banche, assicurazioni, aziende e giornali e che a ben vedere riguarda tutti. Perché i soldi di banche e assicurazioni sono i nostri; i gruppi industriali sono quotati in Borsa; e i giornali sono informazione. Ebbene, è da questi intrecci che su alcuni personaggi discende un enorme potere, in grado di influenzare la società e la politica. E quando iniziano a circolare segnali di assestamento, bisogna drizzare le antenne. Dunque, che sta succedendo tra i poteri forti?
Succede che le difficoltà del berlusconismo, con gli attacchi ripetuti al governo e la possibilità che se ne possa uscire - con o senza elezioni - in un quadro politico nuovo, aprono nuove finestre; generano appetiti; creano aspettative. L’attuale assetto di poteri riflette la contrapposizione anche culturale tra due banchieri entrambi cattolici ma profondamente diversi tra loro. In estrema sintesi, Bazoli, 78 anni, è legato alla visione politico economica di Andreatta e dunque di Prodi; mentre Geronzi, 76 anni, ha ereditato lo scettro di Enrico Cuccia sull’area Mediobanca-Generali, aprendola per la prima volta al mondo Fininvest-Berlusconi. Su questo asse sono state concordate diverse grosse partite. Due su tutte: la direzione del Corriere della Sera - controllato da un patto tra 13 soci tra cui Mediobanca, Generali, Della Valle, Intesa - primo quotidiano italiano oggi affidato a Ferruccio De Bortoli; e la guida di Telecom Italia - controllata da Intesa, Generali, Mediobanca - assegnata a Franco Bernabé dopo una faticosa ricerca. Ma in realtà è all’interno delle stesse corazzate che fanno il perimetro del sistema, vale a dire Intesa, Mediobanca e Generali, che bisogna guardare per capire cosa si sta muovendo.
Nelle Generali (dove Della Valle siede in cda) l’arrivo di Geronzi da Mediobanca ha fatto discutere, nel timore che il neo presidente assumesse troppo potere. Tanto che, per garantire al management guidato da Giovanni Perissinotto chiare competenze, è stata ridisegnata la governance. Nello stesso tempo, l’andamento della compagnia, soprattutto in Borsa, non entusiasma i soci privati come Caltagirone, De Agostini, Del Vecchio, che hanno investito milioni di euro. Geronzi garantisce la stabilità. Ma l’impressione è che ci sarà ancora molta dialettica. In parallelo, in casa Intesa Sanpaolo, si rincorrono da molti mesi le voci di una convivenza difficile tra Bazoli e l’ad Corrado Passera. Si ricorda in proposito la cacciata del dg Pietro Modiano, poi indirizzato da Bazoli al vertice della Tassara; o l’operazione Alitalia, che non ha mai entusiasmato il presidente. Mentre Passera mantiene enormi margini per interpretare, da capo azienda quale egli è, il ruolo di banca di sistema. Completano il quadro degli smottamenti le metamorfosi di Fiat e Unicredit: la prima è uno storico centro di potere, pivot nella società italiana, che però, avendo scelto la strada dello sviluppo globale condotta da Marchionne, si avvia ad avere ruoli marginali nella mappa del potere. La seconda è l’altra grande banca italiana, e primo azionista di Mediobanca. Ma dopo l’uscita di Alessandro Profumo, Unicredit sembra avere peso e influenza nella mappa del risiko della finanza.
Allora l’ira di Della Valle, (riferita in particolare alla gestione del Corriere, e che in un secondo momento è stata rivolta solo a Geronzi, e non più a Bazoli) fa forse leva su queste situazioni. Si creano spazi da riempire e opportunità per provare ad alzare il tiro. Operazione però da effettuare mobilitando le truppe di nuova generazione, pescandole tra i manager, piuttosto che tra gli azionisti desiderosi di contare di più. Con l’obiettivo di imporre in prima istanza la gestione delle aziende nei consigli d’amministrazione; in secondo luogo per fare un salto di qualità e pesare di più anche nelle scelte di potere. Come quella della selezione del direttore del Corriere. Scalzando il vecchio asse con nuovi equilibri. Anche politici.
In questo senso Della Valle potrebbe trovare l’appoggio di Passera. Molti ricordano che Intesa è in prima linea nel finanziare Ntv, la società di alta velocità ferroviaria che Della Valle ha fondato insieme con l’amico Luca di Montezemolo. E non è un caso che Passera sia considerato vicino a Montezemolo anche quando si ipotizzano futuri impegni politici. Ma anche a Trieste Della Valle potrebbe fare breccia. Sul manager Perisinotto, per esempio. O su alcuni azionisti come Lorenzo Pelliccioli a cui potrebbe offrire l’appoggio per realizzare un desiderio della De Agostini: entrare nel patto Corriere della Sera.
Le prossime mosse dei protagonisti andranno tenute sotto stretta osservazione. A cominciare dal cda di Rcs di venerdì prossimo.
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