Caro dottor Granzotto, mi è molto piaciuta la risposta che lei ha dato al signor Gianfranco Colli, io però vorrei aggiungere che l'Europa in tutti questi anni avrà unificato i cetrioli ma non è stata capace di unificare le spine e le prese di corrente.
Non creda che non ci abbiano pensato, caro Baruzzi. Unificare, omologare (anche i cervelli) è la missione dell'Europa europeista. Che sia la banana o il cetriolo, l'asse del water closet o il profilattico, è tutto un fiorire di normative che indicano calibro, curvatura, grammatura, dimensioni da rispettare perché l'oggetto o il vegetale possano dirsi europei. Ma un conto è stabilire che da un dato momento in poi i profilattici europei devono avere quelle date dimensioni e caratteristiche (normativa che suscitò un goliardico dibattito attorno al concetto di «misura standard» per un qualcosa che ha relazione con la fierezza virile dei consumatori. I più dei quali si ritengono, manco a dirlo, fuori standard), un conto è unificare spine e prese di corrente. Lei, caro Baruzzi, quante ne ha? Tiro ad indovinare? Una trentina delle prime e una quindicina delle seconde? Moltiplichi un po' per le utenze Enel - che si aggirano sui 30 milioni - e una volta fatto moltiplichi il risultato per gli utenti dei restanti 26 Paesi membri. E veda lei quanto fa. Le vengo incontro: è stato calcolato che il costo della unificazione di spine e relative prese di corrente costerebbe ai cittadini europei non meno di 14 miliardi di euri. Il gioco vale la candela o non ci conviene seguitare ad andare avanti, quando se ne ha la necessità, con un adattatore da pochi euri?
A dirla tutta ci converrebbe andare avanti anche senza l'Europarlamento: è lì che vengono stabilite le norme sulla curvatura delle banane, faccenda che per la sua natura bischera potrebbe essere benissimo affidata ad un euroburocrate qualsiasi. Mentre è demandata a 758 deputati - ripeto: 758 - che costano a noi contribuenti la bella sommetta di un miliardo e 35 milioni di euri. All'anno. Per cinque anni secchi rinnovabili ad oltranza. E per 54 giorni di, chiamiamolo così, lavoro: quarantaquattro a Strasburgo e dieci a Bruxelles (con temporaneo trasloco dall'una all'altra sede di tutti gli atti e documenti, ivi compresi quelli personali: un convoglio di una trentina di Tir. Al quale si aggiunge il convoglio dei funzionari e degli otre 300 interpreti). In sostanza gli europarlamentari lavorano, seguitiamo a dir così, per sei giorni e mezzo al mese. La faccenda imbarazzante è che oltre allo stipendio (un eurodeputato italiano porta a casa 150mila euri all'anno) percepiscono anche unindennità annua di 30mila euri per le sedute parlamentari, come se fossero un extra, un qualcosa che non attiene alla attività d'un parlamentare.
Per risparmiare stacchiamo la spina allEuroparlamento
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