Rissa tra pazienti e infermieri

I vigilantes che erano all’esterno non hanno fatto in tempo a intervenire

Quando i pronto soccorso «scoppiano» ecco che l’attesa si può trasformare in rissa. E così è stato. Otto le persone coinvolte: sei operatori sanitari in servizio e due pazienti.
È successo all’ospedale Sant’Eugenio due giorni fa, dopo che due pazienti italiani, padre e figlio, si erano oltremodo esasperati reputando l’attesa per ricevere le opportune prestazioni sanitarie troppo lunga rispetto alle necessità personali.
Fatto sta, che mentre uno dei due, il figlio, già veniva visitato dal medico di turno per stabilire di lì a poco la diagnosi e l’opportuna cura, il padre ha incominciato a dare in escandescenza colpendo gli infermieri presenti nella sala comune del Dea dove, peraltro, stazionavano in barella anche altri malati.
Tempo un minuto la furia dell’uno ha coinvolto anche il figlio, che ha cominciato a spintonare gli operatori sanitari. Ma calci e pugni non sono bastati. Si è andato oltre quando il padre del ragazzo s’è lanciato nel mucchio degli infermieri, intervenuti per cercare di calmare gli animi, brandendo le aste dove vengono appese le flebo e tirando sedie addosso ai presenti: tre uomini e tre donne. Ne è nato un vero e proprio parapiglia che è durato alcuni minuti.
I malcapitati dopo le percosse ricevute, che hanno provocato a tutti qualche contusione, parecchie ferite da taglio e addirittura in un caso una frattura a una mano, sono stati, ironia della sorte, sottoposti alle cure dei colleghi mentre gli aggressori d’incanto sono fuggiti, guadagnando velocemente l’uscita del pronto soccorso e hanno fatto perdere le loro tracce. A poco è servito l’intervento delle guardie giurate in servizio, visto che erano all’esterno dell’edificio e, per questo, quando sono intervenute la rissa era già finita.
Il commento a freddo dei sanitari del Sant’Eugenio non ha voluto attribuire né colpe né accuse. Ma ha fatto emergere l’anomalia logistica legata all’insufficienza di spazi all’interno della struttura sanitaria. «L’area per gli interventi non è l’ideale perché - dicono alcuni tra medici e infermieri - non vengono previsti locali dove è possibile prestare le cure di cui i pazienti hanno bisogno, in un clima di serenità. Insomma i due che avrebbero innescato la rissa, sono sicuramente colpevoli di intemperanza, ma l’ambiente del Dea non aiuta».
Un dettaglio sul quale sarebbe il caso di far riflettere l’assessore alla Sanità, Augusto Battaglia, che negli ultimi giorni si sta dando da fare per rimettere in carreggiata i dettami del piano di rientro tra i quali non mancherebbe quello di mettere su, in parallelo al servizio di pronto soccorso, anche un servizio di Osservazione breve intensiva (Obi), che consentirà ai malati di essere assistiti dalle 6 alle 36 ore al massimo, come se fossero degenti a tutti gli effetti.
Ma il tempo per allestire i nuovi reparti scarseggia perché dovrebbero essere pronti, secondo il provvedimento licenziato la scorsa settimana da tutta la giunta Marrazzo, entro il primo marzo.


Peccato però che gli ospedali, soprattutto quelli pubblici, non hanno lo spazio necessario per allestire nuove sale. Se la dovranno cavare posizionando un numero sufficiente di barelle per accogliere i pazienti in quelle attigue alle visite. Allora sì che il malato, sdraiato 36 ore su una barella, rischierà di spazientirsi.

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