Il ritorno del «Boss» Springsteen solo sul palco

Suona senza la fedele E Street band con le chitarre, un’armonica e un armonium

Antonio Lodetti

È partito martedì da Casalecchio di Reno, e arriverà stasera al Forum per il concerto acustico che accompagna il nuovo album Devils & Dust. Il Boss, Bruce Springsteen sul palco da solo, senza la fedele E Street band, armato della sua voce umbratile dai mille risvolti emozionali, delle sue chitarre, di un’armonica dylaniana e di un armonium. Il Boss che mette da parte l’energia rockettara per puntare sulla cruda e ruvida estetica folk, quella del troubadour pungente e impegnato, in linea con il mito musicale di Woody Guthrie e Pete Seeger e con quello letterario di Faulkner e Whitman. Riprende il filo delle storie profonde e disperate di Nebraska e di The ghost of Tom Joad (specchio moderno delle anime perse del Furore steinbeckiano). Non a caso molti di questi brani furono scritti nel ’95, proprio ai tempi di Tom Joad, mentre altri come All the way home risalgono addirittura al ’91. Sono rimasti lì per anni a sedimentare nel cuore e nell’anima di Springsteen ma non hanno peso attualità; quindi storie melanconiche, suoni intensi e scarnificati, testi asciutti e riflessivi, attuali ma memori di un’America arcaica e rurale che lotta fino all’ultimo respiro per non scomparire.
È lo Springsteen inquieto e impegnato che racconta la sua visione del mondo trascinando con sé - moderno pifferaio di Hamelin - il pubblico di mezzo mondo. Il disco va bene, i concerti segnano il tutto esaurito (i biglietti del Forum sono spariti da mesi)e pazienza per chi - nostalgico del suo rock potente e operaio - lo considera un po’ noioso e a tratti pesante. «Ciò che scrivi deve arrivare dal profondo di te, poco importa l’abito che dai a una canzone», replica Springsteen senza curarsi delle polemiche. E i fan sono con lui; a Detroit (dove è partito il tour mondiale) a Dublino (da dove è salpato quello europeo) fino a Casalecchio salutano i concerti del Boss con intensa emozione e religioso silenzio, salvo poi esplodere in violenti applausi al termine di ogni brano. È un rito, una sorta di liturgia con delle regole precise. Durante lo show è obbligatorio spegnere i cellulari, gli spettatori «dovranno essere tutti seduti prima dell’inizio della prima canzone», è vietato alzarsi durante lo show e le porte rimarranno chiuse fino al termine della performance. Poi sarà tutto nelle sue mani, con la partenza affidata alla lenta My beautiful reward (datata 1992, quando Bruce pubblico in contemporanea i due cd Human touch e Lucky town) per armonium, armonica e voce.
Chitarre, banjo, pianoforte, voce raschiante e arrochita, un microfono collegato al piede che batte il tempo e via per un viaggio che si dipana tra la tagliente Devils & Dust e la struggente Maria’s bed; tra l’omelia laica Jesus was an only son, la cinematografica Reno e la nuova versione intimista di The river (eseguita al pianoforte) alternando vecchio e nuovo con Nebraska e la carica patriottica di The rising, con Leah, Promised Land, Land of hope and dreams fino al superclassico I’m on fire che sarà rivisitato in versione country con il banjo. Ma ogni sera la scaletta cambia e anche stasera ci aspettano gustose sorprese tra brani originali e qualche cover.


Tutto pronto per la saga del Boss; spazio alla musica e bando alle polemiche, comprese quelle del caro-biglietto sollevate da numerosi fan e da alcuni giornali come L’Avvenire che contestano sostenendo: «Springsteen canta l’America oppressa e povera davanti a un pubblico che per vederlo ha speso mediamente 80 euro».

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