RITORNO ALLA PIAZZA

RomaOtto giorni sulla gru, poi tutti giù per terra ma con l’azienda salva. E la prospettiva di diventare una «bandiera» per il sindacato, un vessillo da sventolare in vista di un autunno ovviamente caldissimo. Mica tanto una metafora, visto che i manifestanti della Cim di Roma hanno issato sulla propria fabbrica proprio una bandiera dell’Innse, quasi a rimarcare di voler ricalcare quel percorso.
Così non brindano solo i 49 operai dell’azienda milanese, che hanno mantenuto il loro posto di lavoro al termine del braccio di ferro portato avanti da cinque di loro sulla cima di un ponteggio. La tenace e originale protesta, baciata dal successo, diventa alla velocità della luce un modello per la Cgil, che dopo i flop in sequenza delle ultime manifestazioni di piazza, rispolvera il «sindacato vecchia maniera». È il numero uno del sindacato, Guglielmo Epifani, che promuove le nuove modalità di trattativa. In un’intervista a Repubblica, il segretario generale del più grande sindacato italiano plaude a «una bella pagina di lotta operaia». E anche se Epifani sostiene che in fondo l’Innse era un’azienda tutt’altro che condannata, aggiunge che i lavoratori «sono stati costretti a una forma di protesta dura e pericolosa».
Aria di revival, tanto che il leader Cgil si concede di bacchettare gli «autorevoli commentatori» che hanno «irriso al sindacato “vecchia maniera”». E anche se per lui non ci sono rischi di importare dai francesi eccessi come i sequestri dei manager nelle fabbriche occupate, Epifani manda un avviso agli imprenditori, invitandoli ad «avere un maggior senso di responsabilità», per non «costringere i lavoratori a queste forme estreme». Ma si spinge anche oltre il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, decisamente più esplicito sulle previsioni del calore sindacale settembrino. Dalle pagine del Riformista, racconta la vicenda Innse come «un magnifico esempio di lotta dura ma originale, di conflitto creativo. Adesso dobbiamo guardare avanti, all’autunno». Che Cremaschi immagina come una «stagione di conflitti sociali a tutti i livelli che facciano saltare tutto», a cominciare dal rovesciamento dell’accordo sul modello contrattuale, quello che la Cgil non volle firmare. Quel «no» va mantenuto, avverte Cremaschi bellicoso, criticando chi vuole mitigarlo come Piero Fassino o il segretario confederale Cgil Nicoletta Rocchi, e immaginando «una linea di sabotaggio sindacale» per far saltare il banco.
Ha davvero una valenza così dirompente la vertenza dell’Innse? Indica una strada lastricata di conflitti per l’autunno? Non la pensa così il segretario generale della Cisl Lombardia, Gianluigi Petteni. Che è «ovviamente soddisfatto» del lieto fine della storia per i 49 lavoratori, ma aggiunge: «In questi mesi difficili di crisi, attraverso la contrattazione nei luoghi di lavoro abbiamo evitato tante, tante questioni che avrebbero potuto sfociare in questo modo. Qui, con tutto il rispetto, parliamo di 49 lavoratori, ma quelli toccati dalla crisi nella sola Lombardia sono migliaia». E così, anche «se è ovvio che un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce, noi non siamo di certo in giro per abbattere alberi, ma per salvarli», taglia corto.
L’idea per Petteni è insomma di evitare il muro contro muro. Perché «se vogliamo gestire nei prossimi mesi le difficoltà che abbiamo, e se vogliamo innescare un processo di investimenti e di ripresa», spiega, «questo non può che avvenire attraverso l’incontro tra lavoro e impresa, non certo con la loro contrapposizione», fatta salva la necessità «di far emergere speculatori o contraddizioni».
E l’autunno? Sarà caldo per Epifani, caldissimo per Cremaschi.

Ma il leader lombardo della Cisl fa il pompiere. «Siamo preoccupati, ma ci spenderemo fino in fondo, insieme a imprenditori e istituzioni, per uscire dalla crisi». Perché «non è tempo di revival - conclude Petteni -: bisogna guardare più in profondità».

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