Il dito accusatore è puntato verso un unico obiettivo: la classe dirigente del Pdl. Se il popolo delle partite Iva rimprovera al centrodestra la mancata attenzione al mondo dei piccoli produttori (o addirittura «perseguitati» da Equitalia e Agenzia delle entrate), per gli amministratori locali del partito la responsabilità maggiore del cattivo risultato elettorale è di come vengono scelti i rappresentanti pidiellini. Cooptazione invece della scelta in base al merito. Rapporto con i vertici del partito e non con la base. Sistema elettorale che premia gli «amici» e penalizza chi mantiene il legame con il territorio.
C'è una novità nel Popolo delle libertà dopo la batosta di Milano e Napoli, e non si tratta soltanto del nuovo incarico per Angelino Alfano. È che nel Pdl si comincia a discutere, non ci si trincera più dietro l'unanimismo che - oggi è evidente - era soltanto di facciata. La critica a una gestione verticistica e legata alle «fedeltà» personali non è più un'esclusiva del Fli.
Sono giudizi costruttivi, non fatti per bastonare il partito ma per rilanciarlo. «Tutti i partiti di governo in Europa segnano il passo - dice Roberto Ugazzi, un anno fa candidato dal Pdl a sindaco della Maddalena -, e il bipolarismo è in crisi. Ma il Pdl deve cambiare uomini. Troppi incarichi a poche persone autoreferenziali, portatori d'acqua. Questi sistemi tolgono stimoli, sempre meno gente ha voglia di metterci la faccia. Credo che questa sconfitta sarà salutare».
C'è chi non risparmia nulla. «Sono stato uno dei delegati che approvarono lo statuto del Pdl - scrive al Giornale il palermitano Salvatore Cassarà - e dico a Berlusconi che continuo a turarmi il naso per il lezzo di certi soggetti inopportuni del Pdl. Vorrei suggerire al premier di non stare al gioco degli avversari, di non rispondere come negli ultimi mesi attaccando continuamente i magistrati; piuttosto riformi la giustizia senza troppi proclami. Prenda qualche lezione da Andreotti: parlare poco e agire molto. E inserisca più giovani nel Pdl».
Dalla Sicilia al Friuli: Vincenzo Tanzi, quarantenne vicecoordinatore vicario del Pdl di Udine, è convinto che «la sofferenza palpabile del partito» sia causata dall'aver «perso il contatto con la realtà. Continuare a nascondersi dietro un filo d'erba e dire che va tutto bene è come un'eutanasia premeditata. Vincere la disaffezione alla politica e rilanciare l'azione del governo si può fare attraverso un partito dinamico e snello, non ingessato attorno al leader, che ascolti i giovani, torni a parlare alla gente e consenta ai cittadini di poter scegliere i propri rappresentanti».
Partito ingessato, inesistente selezione della classe dirigente: il ritornello si ripete. Maurizio Bucci, fresco di rielezione nel consiglio comunale di Ravenna, non ha mai avuto incarichi di partito nonostante sia al quarto mandato in municipio (prima con An, ora con il Pdl). «Nelle realtà locali non c'è rappresentanza eletta dagli iscritti e chi sta al vertice gestisce il partito come crede, in modo personalistico e senza criteri meritocratici. E quando si perde ci si assolve sempre, come ha fatto il nostro coordinatore regionale Filippo Berselli che ha scaricato sulla Lega l'insuccesso di Bologna. Sono certo che i congressi che si svolgeranno in autunno daranno un segnale di rinnovamento».
Sui congressi, e addirittura sulle primarie punta Domenico Menorello, consigliere provinciale a Padova. «Il meccanismo di cooptazione dall'alto sta inaridendo il rapporto con l'elettorato. Perdiamo terreno e popolarità. Se avessimo fatto anche noi le primarie, probabilmente non avremmo perso anni fa Padova e Vicenza con candidati sbagliati. Il Pdl ha fatto suo il principio della sussidiarietà nel programma di governo: lo applichi anche all'interno del partito. Quello dei potentati locali che clonano se stessi anche nei piccoli comuni non è un linguaggio che la gente possa ascoltare ancora. Il sistema elettorale con le liste bloccate premia personaggi degnissimi ma che nulla hanno che fare con il territorio. La nomina di Alfano rappresenta comunque un segnale molto importante».
Ma anche sulle primarie si discute. Potrebbero rivelarsi una scelta poco felice in varie zone d'Italia, come nelle regioni rosse. «Dalle nostre parti gli elettori del centrodestra non appaiono e non si espongono tanto - ammette Valentina Ciolfi, battagliera consigliera comunale di Montepulciano (Siena) -. Non credo che le primarie segnerebbero grandi affluenze. Sono più favorevole ai congressi con il voto dei tesserati.
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