La rivolta dei taxi investe Veltroni: l’accordo è lontano

Secondo giorno di protesta, ancora blocchi stradali. I tassisti fischiano i loro sindacalisti, insulti contro il sindaco. Ma oggi forse lavorano

La rivolta dei taxi investe Veltroni: l’accordo è lontano

Roma - C'è chi scommette che finirà come la vicenda della sicurezza e delle baraccopoli nella Capitale. Con Walter Veltroni che si indigna, indossa i panni dello sceriffo e propone soluzioni drastiche per guai che la sua amministrazione ha ignorato. Se non causato. Nel caso dei taxi - sostenevano ieri in sintesi esponenti del centrosinistra di fronte alle immagini della Capitale bloccata dalle auto bianche - il sindaco e neo leader del Partito democratico «se l'è proprio cercata». Ieri Veltroni ha ripreso le trattative e ha detto che non vuole tornare indietro sulle nuove 500 licenze. Ha sfidato la corporazione, imponendo la fine della protesta per l'avvio del tavolo, ma l'anno scorso, si intromise nel braccio di ferro che il ministro allo Sviluppo economico aveva ingaggiato con i tassisti. E fece vincere questi ultimi.
La liberalizzazione di Pier Luigi Bersani che consisteva nell'abolizione del divieti di cumulo delle licenze, autorizzazioni temporanee per eventi straordinari, si ridusse nel conferimento ai sindaci della facoltà di introdurre «turnazioni integrative». Come siano andate le cose, in particolare a Roma, è noto. L'ingratitudine dei tassisti romani - riferiva ieri il gossip della politica - sta dando soddisfazioni soprattutto a Bersani. Ma se nel 2006 - come riportarono i retroscena dell'epoca - Bersani andò su tutte le furie per l'intromissione veltroniana, mercoledì l'esponente Pd si è permesso il lusso del silenzio.
Poi ieri è uscito con un laconico «è necessario che tutti quanti, a cominciare dalle forze politiche, non accettino in nessun modo di fare da sponda a manifestazioni come quelle che abbiamo visto». Un richiamo che oggi vale per chi nel centrodestra prende le difese dei tassisti romani, ma che potrebbe essere applicato anche al Veltroni di qualche mese fa. Nella coalizione di governo c'è anche chi è sicuro che in gioco ci sia il ruolo politico di Veltroni. «Walter si intromise in questa vicenda. E adesso il problema è suo», commenta Lanfranco Turci del Partito socialista. «Adesso - aggiunge - deve andare avanti e imporre le nuove licenze. Ne va della sua credibilità come leader del Pd». Strada che Veltroni vuole percorrere. Ma che presenta difficoltà. Perché a qualcuno potrebbe venire la tentazione di prendere le difese dei tassisti, ponendosi come mediatore. Come fece lui. Da Palazzo Chigi, ad esempio, è arrivato un invito a dialogare perché «solo con il confronto si possono raggiungere risultati», anche se la premessa - sottolineano gli ambienti vicini a Romano Prodi - è che i tassisti levino l'assedio alla Capitale.
Per il momento il sindaco di Roma ha tenuto il punto. In un incontro col prefetto ha parlato dell’ipotesi della precettazione. Il confronto con le sigle dei tassisti è iniziato in ritardo perché non era stata garantita la ripresa del servizio. Renata Polverini, segretario generale dell'Ugl, confederazione alla quale appartiene una delle sigle, ha tentato di una mediazione. E il confronto è ripartito solo alle nove e mezza di sera. Ma sulle nuove 500 licenze nessuna intesa. I sindacati hanno detto di non essere «soddisfatti». «Non si poteva dare il segnale che bloccando una città si ottengono dei risultati», ha spiegato Veltroni. La trattativa s’è interrotta: l’accordo sembra molto lontano. Nella notte, all’uscita dal Campidoglio, i tassisti hanno coperto con cori e fischi le parole dei loro rappresentanti.

Insulti e slogan anche contro il sindaco e il suo assessore alla Mobilità Calamante, accolto dalla piazza così: «Buffone, buffone». Fuori dal Comune è rimasto un presidio di tassisti. Decideranno se continuare la protesta, anche se sembra di no. Oggi a Roma i taxi dovrebbero circolare. Forse.

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