Rivolta dei vicini di casa contro il figlio del pentito

Troppi soprusi da parte dell'uomo sotto protezione Esasperati i residenti: «Non sappiamo più che fare»

Avere come vicino di casa un maleducato può essere un guaio, com'è noto: perché i dissapori quotidiani si accumulano, si moltiplicano, finiscono con l'avvelenare l'esistenza. Ma il guaio si fa grosso se il vicino di casa è lì a spese dello Stato e protetto dallo Stato. Perché lo «scudo» dello Stato rende quasi impossibile difendersi dalle prepotenze del vicino. E alla fine, dicono adesso in via Chopin, «non sappiamo più a che santo votarci».

É una storia che va raccontata con cautela, perché bisogna in qualche modo rispettare il diritto del signore in questione a vedere rispettata la sua sicurezza. Il signor G., infatti, è il figlio di un collaboratore di giustizia, ovvero di un pentito di mafia. Un pentito importante, uno della vecchia guardia palermitana, che dopo essersi macchiato di molti crimini ha scelto di passare dalla parte dello Stato. Ha testimoniato in molti processi, facendo condannare i suoi compagni di un tempo. E, da ultimo, è andato a raccontare la sua verità anche ai giudici del processo «Stato-Mafia», in corso tra mille polemiche a Palermo. Insomma, un pezzo grosso nel mondo dei pentiti.

Al maturo boss lo Stato ha concesso il contratto di protezione. E di rimbalzo ha riconosciuto il medesimo status ai suoi familiari: una prassi inevitabile, per sottrarli al rischio di vendette trasversali. Tra i benefit del contratto di protezione, oltre a un assegno mensile c'è anche la garanzia di un alloggio. Ed è così che G. è arrivato nella sua casa milanese, un dignitoso condominio di via Chopin, una traversa di via Ripamonti, presa in affitto per lui dal Servizio centrale di Protezione del ministero degli Interni.

Il contratto d'affitto è stato firmato dal ministero, e già questo dettaglio ha fatto capire ai condòmini che stava per insediarsi un inquilino particolare. Il problema vero, però, è sorto quando G. è andato materialmente a vivere nell'appartamento, senza fare alcun mistero della propria identità, e facendosi notare in mille modi. L'elenco delle lagnanze sulle «stranezze» dell'inquilino è lungo, e ruota in buona parte intorno alla sua grande passione: i cani. «Prima ne aveva due - racconta un vicino - poi la femmina ha partorito nove cuccioli. Li teneva tutti in casa, e gli faceva fare i loro bisogni sul balcone, col risultato che i bisogni dei cani colavano sulle case sottostanti e in cortile. Poi una parte dei cuccioli li ha venduti, ma il sistema della cacca è rimasto uguale. Quando glielo abbiamo fatto presente, come tutta risposta si è messo a lavare il balcone con la canna dell'acqua, e potete immaginare cosa colasse giù».

G., nel racconto dei vicini, entra ed esce a tutte le ore, fa rumori di ogni genere, allaga gli appartamenti sottostanti, porta in giro i cani senza museruola. E ogni volta che qualcuno cerca di obiettare, reagisce bruscamente e a male parole.

Quando l'amministratore ha cercato di riportarlo alle regole di convivenza, è andato a sbattere contro il muro del Servizio di protezione. Ma la cosa più surreale è che adesso l'identità dell'inquilino e la sua ingombrante parentela sono diventate un segreto di Pulcinella. Che in via Chopin abiti il figlio del grande pentito lo sanno tutti.

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