Roma - I suoi colleghi della Margherita, anche quelli che vorrebbero fargli la fronda, erano ammirati: «Ha la rapidità di riflessi di un pistolero del West», diceva uno di quelli che hanno guidato l’ammutinamento contro il leader.
Già, Francesco Rutelli è stato assai pronto nel fiutare l’aria e addattarsi alle circostanze, e al termine di una lunga giornata di scontri sotterranei e plateali divisioni nel suo partito ha schierato la Margherita. A favore dei Pacs. Ieri, dopo un «pranzo di lavoro» con Romano Prodi, che ha insistito sulla necessità di accelerare il disegno di legge del governo sulle coppie di fatto, e gli ha detto: «Capisco le tue perplessità, ma occorre fare in modo che questa legge passi», il presidente della Margherita ha aperto la riunione dell’ufficio di presidenza del suo partito elogiando il lavoro di Rosy Bindi, la ministra (presente al summit) che insieme alla ds Barbara Pollastrini sta tessendo la tela di Penelope dei Pacs. «La legge va fatta, è un impegno che abbiamo preso nel programma dell’Unione», ha spiegato il vicepremier.
Del resto, il messaggio del premier era stato chiaro già l’altra sera, nel vertice di maggioranza sulla politica estera, quando Prodi aveva mandato a dire alla Curia romana e al Vaticano che «sui diritti delle persone siamo determinati a stabilire cosa fare. E decidiamo noi». Un’orgogliosa rivendicazione di autonomia della politica rispetto alle frenetiche pressioni della gerarchia cattolico-romana per impedire che l’Italia, ultimo Paese in Europa, vari una legge che riconosca le coppie non sposate, gay e etero, e i loro diritti. Pressioni che a Palazzo Chigi vengono lette come un tentativo di scomunicare il suo governo, sobillando le componenti cattoliche della maggioranza contro le scelte del premier. Poi ieri mattina nella Margherita è scoppiata la rivolta interna: il pretesto è stato l’annuncio della conferenza stampa indetta dai parlamentari della componente «teodem», quella dei fedelissimi ruininani Paola Binetti, Luigi Bobba ed Enzo Carra, contro ogni ipotesi di riconoscimento giuridico delle coppie in odor di peccato. Il vero obiettivo però era il presidente del partito: da giorni il tam tam interno assicurava che anche Rutelli (oltre a Clemente Mastella, che ha già annunciato il proprio dissenso) si stava predisponendo a ostacolare, astenendosi, il varo nel Consiglio dei ministri del ddl Bindi-Pollastrini. Con un’argomentazione forte: il mitico programma dell’Unione, anche su quel punto, è frutto di un elaborato compromesso. In quel caso, all’epoca della stesura, furono proprio i cattolici a prevalere, tanto che la Rosa nel Pugno, con Emma Bonino, abbandonò il tavolo e si rifiutò di sottoscrivere quel comma: nel testo non si prevede alcun riconoscimento formale delle unioni civili, ma solo dei «diritti» dei singoli. Il ddl invece lo prevede, necessariamente, perché altrimenti la legge non starebbe in piedi. Dunque, alcuni dirigenti di punta della Margherita, col capogruppo dell’Ulivo Dario Franceschini in testa, hanno dato il via a una raccolta di firme tra i parlamentari a sostegno della «laicità dello Stato» e della legge. L’iniziativa, che aveva l’avallo del presidente del Senato Marini, del vicepresidente della Camera Castagnetti e del coordinatore dell’Ulivo Soro, ha raccolto in poche ore 60 adesioni, tra cui quelle di molti prodiani, e persino di rutelliani laici come Roberto Giachetti. Una chiara prova di forza che ha per oggetto anche gli equilibri interni: «Hanno provato a mettere in mezzo Francesco. Franceschini e Marini volevano fargli vedere che sono loro a controllare il partito», si lamentava a sera un rutelliano.
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