Simone Di Meo, perché ha citato per danni Roberto Saviano?
«Se colleghi e avvocati napoletani sfottono chiamandomi il Saviano dei poveri ci sarà un perché».
Si spieghi meglio.
«La causa per plagio, chiamiamola così, si sviluppa su due livelli. Il primo è la mancata citazione, nel libro, di alcune parti di miei articoli che sono state letteralmente saccheggiate e riproposte senza alcuna variazione. Una sorta di copia-incolla di pezzi miei e di altri cronisti. In altri casi non cè la traslazione integrale, ma Saviano ci gira intorno, usa spesso termini e riferimenti precedentemente utilizzati dal sottoscritto. Gli esempi sono numerosi».
E il secondo livello del (presunto) plagio?
«Ci sono notizie che sono state da me pubblicate su Cronache durante la faida di Secondigliano che sono diventate parti integranti della narrazione di Gomorra senza, anche qui, alcun riferimento alle fonti. Cioè a me. Di questi passaggi non esiste traccia in atti giudiziari, in agenzie di stampa o in reportage giornalistici».
Non le sembra di esagerare? Saviano di fonti importanti ha sempre detto di averne consultate tante...
«Sul capitolo di Secondigliano, Roberto ha preso tanta roba da me ed ha attinto a piene mani dal mio immenso archivio. Un giorno venne in redazione per intervistarmi, era ancora un free lance. Parlammo tantissimo, gli diedi casse di materiale, ci sentimmo anche dopo, al telefono e via mail. Lo aiutai sempre. Dopodiché scomparve non appena Gomorra andò in stampa. Non lessi subito il libro ma quando alcuni avvocati e diversi colleghi iniziarono a parlare di scopiazzature palesi di articoli a mia firma, allora lo acquistai. Ben scritto, indubbiamente. Un prodotto di marketing più che culturale. Di inedito, però, aveva davvero poco, e non solo perché riportava i contenuti di cronache locali. Leggendo quanto riportavano persone che frequentano il suo blog ho saputo che lui non mi avrebbe citato per il mio bene, non voleva che passassi per un cronista che utilizzava informazioni pericolose. Per non dire poi della sua presenza alludienza del boss Di Lauro».
A che cosa si riferisce?
«A un certo punto lui descrive, minuziosamente, alcuni atteggiamenti tenuti dal boss durante il processo. Ma Saviano non cera, lo sanno tutti che non era in aula. Però dopo che gli ho raccontato le fasi salienti dello show in aula, lui se ne è appropriato e lha raccontata come fosse unesperienza vissuta in prima persona. Niente di male a riportare le notizie. Ma che almeno dicesse da dove provengono. Cè ad esempio un sito casertano che riportava una certa cosa e lui, rimasticandola un po, lha riproposta. Poi, dalla 20ª ristampa in poi è misteriosamente scomparsa...».
Poi lei è corso a citarlo per danni.
«I miei avvocati hanno scritto alla Mondadori che almeno dallundicesima ristampa ha disposto linserimento del mio nome in un passaggio obiettivamente scandaloso. Abbiamo insistito per avere lo stesso trattamento in molti altri passaggi del libro, ma non siamo stati accontentati. Per la casa editrice erano fonti personali dellautore. Ecco il perché della causa».
Nel suo libro Saviano cita spesso le fonti. Tutte tranne lei. Perché?
«Forse perché appartenevo a uno di quei piccoli giornali, tra il Napoletano e il Casertano, considerati erroneamente proprio da Saviano unemanazione editoriale dei clan.
Non è che lei è solo geloso del successo di Roberto Saviano?
«Geloso io? Iatavenne»
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