Matteo Failla
Ciascun testo teatrale rappresenta il proprio autore, o almeno un momento della sua vita, ma nel caso de Il Frigo di Copi - talento franco argentino disegnatore di fumetti, romanziere e drammaturgo - sembra di assistere ad una summa dei suoi principali temi e delle sue manie, a cominciare dai sessi indefiniti e dalle violenze a ripetizione.
A portare sul palco questo interessante testo ci sarà uneroina deccezione come Eva Robins che, guidata da Andrea Adriatico al Teatro Arsenale, reciterà un monologo che sembra scritto appositamente per lei.
In un momento storico in cui le parole «trans» ed «ermafrodita» vengono spesso utilizzate per parlare a sproposito di fatti di cronaca, sembra quasi un atto di giustizia poter vedere impegnata in un ruolo così particolare colei che con eleganza ha sempre raccontato una condizione umana che molti stentano ancora a comprendere a fondo.
Apri lo sportello del Frigo e ritrovi al suo interno Eva Robins, grazie alla quale parte una strana girandola di personaggi e storie, di surreali crudeltà. Su uno sfondo pop iperrealistico, si avvicendano le sequenze più strampalate che si possano immaginare, in una girandola che ruota attorno allimprobabile apparizione di un frigo nel salotto di una ex indossatrice sul viale del tramonto.
Ma non è certo solo questultima ad essere protagonista sulla scena: assieme allindossatrice altri personaggi vengono risucchiati in questincubo: una psicanalista svitata, una madre crudele, una serva irriverente, un editore megalomane e un topo. E a vestire questi innumerevoli panni cè sempre lei, Eva Robins, ironica affascinante e cinica, nel suo atteso ritorno al teatro, dopo la grande prova dattrice di dodici anni fa al «Festival di SantArcangelo» ne La voce umana di Cocteau, in unedizione indimenticabile e acclamata dalla critica italiana.
Come allora, a dirigerla per questa nuova produzione targata Teatri di Vita è Andrea Adriatico, anche lui protagonista di un atteso ritorno. Ne Il Frigo ci troviamo di fronte a stupri incestuosi, mondanità e sogni angoscianti, ma anche a momenti divertenti o crudeltà surreali. E come non ritrovare in questo testo tutta la pungente teatralità di Copi, che già era presente ne Lomosessuale, o la difficoltà di esprimersi, di dodici anni più vecchio (1971).
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