Il robot che aiuta chi è reduce da un ictus

Il sistema robotico per arto Mit-Manus si presta a essere utilizzato in pazienti colpiti da ictus cerebrale sia in una fase riabilitativa più precoce sia in una fase stabilizzata, anche a diversi anni dall’evento. A tale proposito, riportiamo alcuni esempi di persone seguite dall’Unità di riabilitazione neuromotoria dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Raffaele Pisana di Roma.
Primo caso. Uomo di 50 anni colpito da ictus ischemico cerebrale a giugno 2009, affetto da emiparesi destra, con conseguenti difficoltà nel cammino e nell’utilizzo dell’arto superiore.
Dopo i primi tre mesi di trattamento il paziente ottiene un discreto recupero funzionale: è in grado di camminare in modo autonomo, a livello dell’arto superiore è recuperata la motricità attiva di gomito e mano, ma persistono difficoltà nella motricità attiva a carico della spalla, con limitazioni funzionali nelle attività della vita quotidiana e ripercussione negativa sul cammino, legata a movimenti scorretti e involontari che ne inficiano la funzionalità, dovuta all’aumento del tono muscolare, quale esito dell’ictus. Da una valutazione dell’Unità di riabilitazione neuromotoria del San Raffaele Pisana emerge l’indicazione a trattare la persona in prima istanza con il sistema robotico e successivamente con trattamento con iniezioni locali nei muscoli (tossina botulinica) utili a controllare il tono aumentato.
Dopo un ciclo di 20 sedute (5 alla settimana per 4 settimane) di trattamento con il sistema robotico, il paziente ottiene un discreto recupero delle quote motorie, una riduzione dell’ipertono muscolare, con ripercussioni positive indirette dovute al migliore assetto del tronco nella sua globalità anche nella capacità del cammino. Visto il buon risultato, si decide di non effettuare il trattamento con tossina, non essendovi più indicazioni.
Secondo caso. Donna colpita da ictus cerebrale circa un mese prima, con conseguente emiparesi destra. Dopo un’iniziale recupero di movimenti attivi spontanei a livello dell’arto superiore, non si osserva incremento del tono, ma la comparsa di un dolore acuto a carico della spalla, scarsamente controllato dalla terapia farmacologica, in assenza di alterazioni articolari, con conseguente limitazione non solo della funzione ma anche delle possibilità di trattamento riabilitativo. La struttura decide di intraprendere il trattamento con il sistema robotico, compatibilmente al dolore della paziente. Progressivamente la durata delle sedute aumenta fino al compimento dell’intero esercizio. La sintomatologia dolorosa si risolve e si può anche sospendere la terapia farmacologica analgesica in atto. Risulta importante sottolineare come, in questi i casi - e in tutti i pazienti sottoposti a tale tipologia di trattamento – i ricoverati abbiano mostrato di trovarsi a proprio agio con la tecnologia, evidenziando l’aspetto motivante e stimolante dell’apparecchio, nonché la facilità di comprensione e di utilizzo. A riprova di tale apprezzamento, tutti i pazienti hanno manifestato la volontà di ripetere il trattamento.
Non da ultimo, anche da parte dei terapisti è emersa soddisfazione nei confronti della metodica.

Il terapista rimane assolutamente indispensabile per trattare il paziente e, grazie a questo strumento, è in grado di far eseguire un numero di ripetizioni estremamente elevato in un ristretto lasso di tempo.
È inoltre, possibile controllare e quindi misurare la qualità del movimento stesso durante l’esecuzione.

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