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Rocchi horror show da Istanbul a Parma

di Tony Damascelli
Domenica santa. Almeno stando alla prova tivvù. Nessuna bestemmia in onda, nemmeno dall’Isola dei famosi. La non notizia diventa una notizia. Improvvisamente sono diventati tutti angeli, chierichetti, fedeli e praticanti? Non azzarderei, piuttosto le telecamere non sono riuscite a beccare i colpevoli, il confessionale televisivo è rimasto vuoto, silenzioso, i labiali sono stati dedicati ad altri pensieri, lo schermo è stato okkupato in maniera massiccia dalle solite sviste arbitrali e dal catarro armato di Serse Cosmi che indossa la berretta o il cappellino anche in spiaggia a ferragosto e dice che il suo grande nemico è «il fato», cinico e baro, roba che si sottrae a qualunque inchiesta sportiva e penale. Gli arbitri allora, in Europa, in Italia, dovunque, comunque.
Rocchi Giandomenico aveva lasciato le proprie tracce a Istanbul giovedì sera, quelli del Galatasaray se lo sarebbero mangiato vivo dopo la sfida di Europa league persa contro l’Atletico di Madrid, con un fallo di mano di Perea in area di rigore, non visto, non fischiato dall’arbitro nostrano che anzi ha ammonito il turco Caner Erkin per proteste. Tralascio i titoli dei quotidiani di Turchia, il più docile è stato «In alto le mani!». Rocchi è lo stesso del derby milanese che provocò disturbi a Mourinho-Moratti e a tutto il popolo interista, lo stesso che ieri pomeriggio al Tardini è riuscito in un’impresa che sfiora il cabaret: ha fischiato un calcio di rigore a favore della Sampdoria per fallo di Galloppa, ammonendolo, su Mannini. Rocchi era a due metri dall’episodio, non ha avuto un solo secondo di esitazione, ha indicato il dischetto, ha estratto il cartellino giallo mentre il suo collaboratore, sotto la gradinata opposta alla tribuna ha raggiunto, con la bandierina bassa, la linea di fondo, come da repertorio. Fin qui tutto regolare, nulla di strano.
Poi deve essere entrato in circuito un messaggio subliminale, forse un’interferenza sulla frequenza radio degli auricolari in possesso del direttore di gara e dei suoi collaboratori. Rocchi ci ha ripensato, Parma non è Istanbul dalla Turchia si può anche fuggire, dall’Italia del pallone più difficile e allora ha rifischiato, ha sventolato il braccio facendo segno con la mano che era tutto sbagliato, crucis, arimortis; ha chiesto scusa a Galoppa cancellando l’ammonizione, ha annullato la decisione del calcio di rigore a favore della Sampdoria, è corso verso il centrocampo per ammonire Mannini, reo di simulazione, è andato verso la panchina doriana spiegando a Del Neri di avere commesso un errore mentre attorno a lui non sapevano se si trattasse di un scherzo ritardato di carnevale o di uno sdoppiamento di identità.
Collina deve essere fiero di questa tribù di suoi designati, non c’è domenica, con o senza bestemmie, che qualcuno di loro non si faccia conoscere o riconoscere, tutto il mondo è paese, in circolazione non fischiano soltanto Ovrebo o Mejuto Gonzales, abbiamo roba da vendere anche noi campioni del mondo.
Non ti puoi distrarre un attimo, se si ferma il tronista Rosetti rispunta il fragile Rocchi, se va in pensione il sorridente Farina tiene la scena il tronfio Rizzoli; prosegue l’onda dello sversamento di calciopoli, cambiando l’ordine dei fattori, degli arbitri intendo, il prodotto non cambia, se il grande vecchio è al gabbio o latitante i piccoli giovani continuano a lavorare, si lamentano tutti, dunque, secondo credenza popolare, la giustizia è uguale, democratica, non guarda in faccia a nessuno. Del resto bisogna abbassare i toni. Lo dicono tutti, fino al fischio d’inizio.

Mi viene da ridere.

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