L’emergenza si è trasformata in piaga sociale. Dopo l’omicidio Reggiani, l’escalation della violenza da parte di delinquenti romeni è sotto gli occhi di tutti. Il Viminale si è limitato a snocciolare dati inquietanti sul primato conquistato dalla comunità romena in Italia in fatto di omicidi, stupri, estorsioni.
E partendo dalle cose non fatte dal precedente governo, il vice presidente della Commissione europea e ministro degli Esteri in pectore del governo Berlusconi spiega come imprimere una svolta nelle politiche sull’immigrazione. «Amato ha incontrato a Bucarest Cristian David nel dicembre del 2006, prima dell’ingresso della Romania nella Ue dove è stato stipulato un accordo per l'uso sistematico di pattuglie italio-romene nel nostro territorio», conferma Franco Frattini.
E dove sono finite queste pattuglie?
«Non se ne sono viste. A Roma c’è uno sparuto drappello di agenti romeni che collabora col Viminale ma non è pienamente operativo».
Invece questo accordo cosa prevede?
«L’arrivo di diverse decine di agenti romeni da stanziare nelle grandi città dove dilagano i centri rom più preoccupanti, penso a Roma e a Milano».
Con quale ruolo?
«Sono specialisti, conoscono i dialetti della loro terra, sanno come trattare i rom e hanno grande facilità di identificare le persone».
Non basta però.
«Certamente, poi si deve passare alla seconda fase, quella dell'espulsione».
Che non sembra impresa facile.
«Basta applicare la direttiva Ue per ora inattuata».
Un’altra carenza del governo Prodi?
«Esatto. Serve una legge nazionale che stabilisca il reddito minimo al di sotto del quale gli stranieri non possono soggiornare nel nostro paese per più di 90 giorni. Senza questa regola non si può mandare via nessuno».
Non ci vuole molto, dunque?
«Basterebbe prendere come riferimento i parametri Istat sulla soglia di povertà. Chi supera quella cifra resta, chi non ha un reddito minimo dimostrato va rispedito nel Paese d’origine».
E gli stranieri pericolosi? Non dovevano essere espulsi sulla base del decreto sicurezza?
«In teoria sì, in pratica quel decreto è stato ritirato dal governo per le pressioni della sinistra radicale».
Con che motivazione?
«Nelle norme si prevedeva l'espulsione di chi commette reati che provocavano allarme sociale. E molti consideravano questo allarme solo il terrorismo».
E non omicidi e violenze?
«C'è stata una sottovalutazione del problema da parte della sinistra. Sono state espulse solo quaranta persone e venti di loro sono rientrate tranquillamente nel nostro paese».
Ma è sufficiente l’espulsione per chi si macchia di delitti odiosi?
«No, non deve bastare. Dev’esserci l'arresto immediato, il processo per direttissima e poi l'espulsione».
E così i delinquenti dove scontano la pena?
«Nelle prigioni del paese d'origine. Non è giusto che soggiornino nelle nostri carceri a cinque stelle che costano alla collettività un sacco di soldi. Non dimentichiamo che in Italia più di un terzo dei detenuti è straniero».
Dunque il prossimo esecutivo adotterà la politica dei piccoli passi. Niente retate o espulsioni di massa.
«Le retate non sono consentite dalla Ue. Però si possono risolvere migliaia di casi individuali».
Ma il governo Prodi piange miseria anche per i voli di rimpatrio.
«Questo è un falso problema perché c'è una grande disponibilità della Ue. Come commissario europeo ho un budget enorme per i voli di rimpatrio, 18 milioni di euro. Ho distribuito fondi a tutti, Francia, Germania, Austria. Nella Spagna di Zapareto ho mandato pattugliamenti di elicotteri, navi e aerei.
E l'Italia?
«È il paese europeo che ha chiesto meno fondi alla Ue per i voli di rimpatrio. Un'altra occasione sprecata».
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