Un furgone che di notte ti piomba addosso mentre te ne torni a casa in motorino, e in bocca hai ancora il sapore del gelato che hai appena lappato con gli amici che ti smotoreggiano accanto, dev'essere come uno sparo nel buio. Fai a tempo a sentire un gran botto, forse. Vedi un grande bagliore. Ma che chi sta morendo sei proprio tu, questo forse non si fa in tempo a realizzarlo. O forse sì. Ma dura un amen.
Ecco, questa è forse l'unica consolazione che potranno darsi i genitori dei quattro ragazzi spazzati via dal mondo da un disgraziato di 22 anni, un nullafacente, uno zingaro ubriaco che l'altra notte girava come una pistola col colpo in canna - lui e il suo furgone scassato - ad Appignano del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno. Quattro ragazzi. Anzi, tre ragazzi e una ragazza. Lei si chiamava Eleonora Allevi, e aveva 18 anni. Era la più grande, figuratevi. Gli altri, se vi va di dire una preghiera, avevano 16 e 17 anni. Davide Corradetti, Danilo Traini, Alex Luciani. I nomi son questi. È rimasto vivo solo il fratello di Eleonora, Leonardo, 16 anni anche lui. Un mese d'ospedale, e sarà a casa.
Vivo, «insopportabilmente vivo», dicevano alcuni fra gli abitanti della cittadina che all'una di notte, schiumando rabbia e minacciando sfracelli, erano piombati sul campo nomadi in cui abitava il rom ubriaco (per scoprire che il clan aveva levato le tende in fretta e furia, temendo la burrasca in arrivo); vivo, si diceva, è l'investitore. Si chiama Marco Ahmetovic, 22 anni oggi, bosniaco di sangue, ma originario di Caserta ora nel carcere di Marino del Tronto, arrestato per omicidio colposo plurimo e resistenza a pubblico ufficiale.
Dieci giorni d'ospedale, per lui. E una denuncia, in stato di fermo, per omicidio colposo aggravato dall'ebetudine d'essersi messo alla guida ubriaco. E un rimorso che l'accompagnerà per tutta la vita, si auspica. Rimorso aggravato dal fatto che l'omicida (già conosciuto dai carabinieri per i soliti reati per cui gli zingari sono conosciuti nelle caserme della penisola) aveva fatto le scuole medie con Eleonora.
Con i nomadi che si erano accampati nei pressi di una discarica, ad Appignano, e si sono ben guardati dall'integrarsi nella comunità, i rapporti non sono mai stati buoni. Tensioni, polemiche. Furti nelle abitazioni della zona. Risse da bar. Come sempre. Come dappertutto. Dopo la sciagura sono fuggiti tutti, temendo forse la rabbia della gente.
Ora è il momento dei «provvedimenti esemplari». Li auspica il senatore Luigi Lusi (Dl) che chiede controlli severi sui campi nomadi.
Profondamente turbata, come tutti i suoi concittadini, è anche Maria Nazzarena Agostini, sindaco di Appignano. «Siamo annullati, piegati in due dal dolore - dice con le lacrime agli occhi il sindaco - da questa tragedia troppo grande per una comunità piccola come la nostra. Questi ragazzi li avevamo visti nascere e crescere: erano andati solo a prendere un gelato, in una tranquilla serata, e la loro vita è stata spazzata via da un pazzo ubriaco, che ora deve pagare. Spero che giustizia sia fatta». Intanto il Comune ha proclamato due giorni di lutto cittadino.
Quanto alle polemiche sulla presenza della comunità rom, accampata su una collinetta a pochi chilometri dalla cittadina, e alle dure reazioni della gente dopo la strage, il sindaco risponde: «Il dolore ha tante forme, e va rispettato. Da più di un anno cerchiamo una soluzione alternativa per la collocazione dei Rom. Il problema esiste. Ma non è questo il momento di affrontarlo».
A monte, come si diceva una volta, c'è un altro aspetto della vicenda che dovrà far riflettere. L'hanno chiamato bullismo.
E certamente questo zingaro ventiduenne e ripetente (visto che andava a scuola con Eleonora, di tre anni più giovane di lui) deve aver trasferito fuori dalle aule scolastiche i suoi atteggiamenti da duro di periferia. Fenomeno, quello del bullismo, che aveva visto coinvolte due delle quattro vittime in un progetto sponsorizzato dalla Provincia.E anche questo, a ben vedere, sembra un altro beffardo segno del destino.
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